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Giuseppe De Donno: il medico che non si è arreso. La sua eredità vive in chi crede che curare sia un atto d'amore, non un business. Un eroe silenzioso. |
Il coraggio di curare: storia di Giuseppe De Donno e la terapia al plasma
✍️ A cura di Salvatore Calleri (NatMed)
Il nome del dott. Giuseppe De Donno rimane scolpito nella memoria di chi non ha dimenticato i giorni più bui della pandemia. Primario di pneumologia all'ospedale Carlo Poma di Mantova, era un medico di trincea, un uomo concreto, capace di parlare con il cuore e con la scienza. Non era una star televisiva, ma un professionista che ha curato, salvato e creduto nel suo lavoro fino all'ultimo respiro.
La terapia al plasma: una soluzione semplice e potente
La sua terapia al plasma iperimmune, portata avanti anche dal dott. Cesare Perotti, direttore del servizio di immunologia al San Matteo di Pavia, era una soluzione semplice, efficace e soprattutto economica. Il protocollo mirava a fornire ai malati una protezione passiva attraverso il plasma dei pazienti guariti, ricco di anticorpi naturali contro il virus. Una pratica medica consolidata da oltre un secolo, ma che fu osteggiata violentemente da chi preferiva parlare di “tachipirina e vigile attesa”, lasciando morire migliaia di persone.
Non si trattava di azzardi: era la storia della medicina applicata con strumenti moderni. Già agli inizi del Novecento, il patologo tedesco Paul Ehrlich aveva usato una tecnica simile per curare la difterite. Eppure, mentre il plasma salvava vite, c’era chi rideva, chi screditava, chi insultava. Virologi e politici, spesso gli stessi che inneggiavano a farmaci costosissimi o a vaccini a tempo di record, fecero muro contro il lavoro di De Donno.
Il dott. Perotti ricorda: “Per me contano i fatti”. E i fatti dimostravano chiaramente che, nei primi pazienti trattati, la mortalità crollava. I risultati erano paragonabili, se non superiori, a quelli di farmaci costosissimi come remdesivir e paxlovid, approvati solo un anno dopo e con restrizioni pesanti. Un dettaglio non da poco: gli anticorpi ottenuti dal plasma restavano efficaci anche contro le varianti, perché prelevati da persone guarite proprio da quei ceppi circolanti.
Non a caso, la stessa EVA (Alleanza europea del sangue) ha inserito la plasmaterapia fra le armi principali per contrastare future pandemie. Un successo scientifico e umano che però bruciava, che infastidiva i paladini delle multinazionali. Perché? Perché il plasma era gratis, non brevettabile e non monetizzabile. Era una terapia del popolo, non un business.
Il mistero della morte di De Donno
È qui che la storia prende una piega drammatica. Il 27 luglio 2021, la notizia sconvolse l'Italia: Giuseppe De Donno era morto, trovato impiccato nella sua casa. La versione ufficiale parlò subito di suicidio. Ma chi lo conosceva non riusciva a crederci.
Attorno a quella morte si è diffusa una foschia di mistero. Possibile che un uomo che aveva fatto della vita e della sua difesa la sua missione, potesse davvero scegliere di togliersela? Chi lo conosceva bene racconta di un medico forte, determinato, profondamente legato alla famiglia e ai suoi pazienti. Non appariva come un professionista stremato né come una persona rassegnata.
Era un uomo tradito? O forse un bersaglio scomodo, colpito perché aveva osato mettere in discussione interessi miliardari? La narrazione ufficiale parla di suicidio, ma per molti resta poco credibile: De Donno teneva alla vita più di chiunque altro, e tutta la sua carriera lo dimostra.
I social esplosero di domande e sospetti, con accuse a Big Pharma, alla censura e alla medicina mainstream. La sua morte divenne il simbolo di un medico epurato perché aveva osato curare gratis, mentre altri spingevano su farmaci costosissimi e vaccini. Un uomo che aveva scelto di stare con i malati, non con i riflettori.
Un'eredità che resiste
Oggi, a distanza di anni, la figura di De Donno non è stata dimenticata. Anzi, la sua memoria brucia più che mai. Non era un ribelle senza causa, né un visionario isolato: era un medico che aveva letto la scienza, applicato la logica e rispettato la vita. E lo aveva fatto in modo semplice, onesto, senza chiedere nulla in cambio.
La terapia al plasma continua a essere studiata, discussa e adottata in diversi contesti. I suoi risultati sono lì, nero su bianco. E la sua eredità resta un monito: curare non significa arricchirsi, ma proteggere l'essere umano. Forse è proprio per questo che Giuseppe De Donno dava fastidio. Perché ricordava a tutti che la medicina è un atto d’amore, non un contratto con Big Pharma.
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