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sabato 30 dicembre 2017

I Vaccini sono un'illusione. Di Tetyana Obukhanych. (Capitolo 15) Tutto sull'immunità di gregge.


I Vaccini sono un'Illusione


L’IMMUNITÀ DI GREGGE SI PUÒ OTTENERE  TRAMITE LA VACCINAZIONE DI MASSA?

I Vaccini sono un'illusione. Di Tetyana Obukhanych


Di Tetyana Obukhanych (Ph.D. In Immunologia)
I Vaccini sono un'illusione

CAPITOLO 15


I-vaccini-sono-un'illusione-di-Tetyana-ObukhanychNonostante le epidemie endemiche delle più comuni malattie infantili, come il morbillo, siano state eliminate in alcune regioni in seguito a campagne prolungate di vaccinazione di massa, ci viene costantemente ricordato che ridurre la copertura vaccinale dei bambini in una comunità pone il rischio del ritorno dell’epidemia con conseguenze potenzialmente tragiche per i bambini e i soggetti immunocompromessi.

Veniamo anche persuasi del fatto che implementare l’adeguamento a un rigido protocollo di vaccinazione eviterà epidemie e proteggerà i bambini non idonei alla vaccinazione attraverso l’effetto “immunità di gregge”.
Non c’è dubbio che un’epidemia possa diffondersi in una comunità non immune, se il virus vi si manifesta. La questione reale è: quanto l’adozione di un rigido protocollo di vaccinazione può assicurare l’immunità di gregge e proteggere la comunità dall’epidemia?


L’IMMUNITÀ DI GREGGE, NELLA TEORIA E NELLA REALTÀ

L’immunità di gregge non è un’idea immunologica, piuttosto un concetto epidemiologico che prevede a livello teorico un controllo efficace delle malattie o comunque lo sradicamento di un virus nel momento in cui una percentuale precedentemente calcolata della popolazione diventa immune. 
Un articolo accademico sull’immunità di gregge afferma «Parallelamente al crescente interesse nei confronti dell’immunità di gregge, sono sorte sempre più opinioni riguardo a cosa significhi effettivamente e persino sul fatto che questa esista per davvero o meno. 

Diversi autori hanno scritto di dati sul morbillo che “sfidano” il principio dell’immunità di gregge e altri citano stime fortemente contrastanti (dal 70 al 95%) riguardo all’entità della soglia di immunità di gregge necessaria per lo sradicamento del morbillo». Le prime ricerche condotte da Hedrich sono state considerate fondamentali per sostenere l’idea che l’immunità di gregge si possa ottenere facilmente. 

Hedrich ha analizzato le epidemie di morbillo verificatesi a Baltimora (Maryland, Stati Uniti) ogni 2-3 anni tra il 1900 e il 1931. Scoprì che proprio prima di una grande epidemia in quella città, la percentuale dei bambini vulnerabili sotto i 15 anni era del 45-50%. Alla fine di ogni epidemia, la percentuale di bambini ancora vulnerabili non andava mai sotto al 32% [2]. Ciononostante, il 95-97% dei bambini ebbe il morbillo prima di raggiungere l’età di 15 anni  3]. Per questo motivo gli adulti erano immuni dal morbillo.

La scoperta che un numero piuttosto ampio di bambini vulnerabili riusciva regolarmente a non contrarre il morbillo durante ogni epidemia diede un certo ottimismo al Servizio di salute pubblica degli Stati Uniti sul fatto che l’immunità di gregge funziona a partire da una soglia che è considerevolmente inferiore al 100%. Fu fatta una previsione ufficiale secondo cui il morbillo sarebbe stato eradicato rapidamente negli Stati Uniti già a partire dal 1967 stabilendo e impegnandosi a mantenere questa soglia facilmente raggiungibile attraverso la vaccinazione di massa [4], che cominciò già nel 1963. 

Questa previsione non si realizzò e le epidemie di morbillo negli Stati Uniti nel 1967 non si fermarono. Il concetto secondo cui l’immunità di gregge basata sul vaccino si può facilmente raggiungere per eradicare rapidamente la malattia si dimostrò non valido. 
Il concetto di immunità di gregge subì poi un’evoluzione per giustificare l’idea di vaccinare i bambini contro malattie infantili molto blande, non a beneficio della loro salute ma per proteggere una parte della popolazione non idonea alla vaccinazione ma comunque vulnerabile. 

Per esempio, la rosolia non è pericolosa per i bambini. Tuttavia, per le donne incinte che non sono diventate immuni alla rosolia prima della gravidanza, il virus della rosolia crea dei pericoli durante il primo trimestre aumentando il rischio che il feto abbia delle anomalie durante lo sviluppo (rosolia congenita).


Probabilmente con la buona intenzione di porre immediatamente fine a qualsiasi rischio di rosolia congenita nella comunità, nel 1970 i bambini delle scuole elementari furono vaccinati in massa contro la rosolia nella città di Casper, nel Wyoming. Ironicamente, nove mesi dopo questa campagna di vaccinazione locale, un’epidemia di rosolia colpì la città di Casper.  

L’effetto immunità di gregge non si manifestò e l’epidemia coinvolse più di mille casi e riguardò anche numerose donne incinte, mentre i bambini recentemente vaccinati furono risparmiati dalla rosolia. 
Gli autori dello studio, perplessi, descrivendo quest’epidemia scrissero [5]: «Quest’epidemia ha dimostrato che il concetto secondo cui un gruppo di bambini in età pre-puberale altamente immuni eviterebbe la diffusione della rosolia al resto della comunità non è sempre valido».
Ignorando queste verità sul controllo e l’eradicazione delle malattie, a fiducia non dimostrata scientificamente nell’immunità di gregge continua a influenzare la legislazione relativa ai vaccini in molti Stati americani e in altri Paesi. 

La nozione dell’immunità di gregge è usata come asso nella manica per giustificare qualsiasi misura, spesso in conflitto con la libertà personale di scelta, per aumentare l’adempimento alle vaccinazioni. Un presupposto implicito è che le politiche liberali di
esenzione dal vaccino potrebbero in qualche modo compromettere questa preziosa immunità di gregge, che le autorità della sanità pubblica si impegnano a stabilire e a mantenere tramite la vaccinazione di massa. Sebbene le prove dell’efficacia dell’immunità di gregge basata sulla vaccinazione debbano ancora manifestarsi, ci sono moltissime testimonianze del contrario. 
Soltanto una singola pubblicazione di Poland e Jacobson (1994) riferisce di 18 diverse epidemie di morbillo in tutto il Nord America [6], verificatesi in scolaresche con un’altissima percentuale di copertura vaccinale per il morbillo (dal 71% al 99,8%). Durante queste epidemie, i bambini vaccinati hanno costituito tra il 30 e il 100% dei casi di morbillo. 
Molti casi simili di epidemie verificatesi dopo il 1994 sono descritti in pubblicazioni epidemiologiche.


COSA INCOLPARE?

L’establishment medico incolpò rapidamente Madre Natura a causa delle frequenti epidemie di morbillo verificatesi in comunità altamente vaccinate. È stato notato che, se vaccinato troppo presto, un bambino potrebbe non rispondere al vaccino contro il morbillo a causa dell’effetto inibitorio (e al tempo stesso protettivo) degli anticorpi materni trasferiti tramite la placenta. Prima degli anni Novanta, nel programma di vaccinazione infantile negli Stati Uniti vi era soltanto una dose del vaccino contro il morbillo. Per compensare la potenziale “interferenza” da parte del trasferimento di immunità materna nei confronti dell’azione del primo turno di vaccinazione contro il morbillo in alcuni bambini, una doppia strategia di vaccinazione (morbillo-orecchioni-rosolia) fu introdotta negli Stati Uniti e in Canada nei primi anni Novanta.
Il morbillo endemico fu successivamente eliminato dagli Stati Uniti, ma nel 2011 un’epidemia di morbillo importata dall’estero – la più grande fino a quel momento nell’era post-eradicazione – colpì una comunità in Québec, Canada, che poteva contare su una percentuale del 95-97% di persone vaccinate contro il morbillo nell’era della doppia vaccinazione contro questa malattia. Se la doppia vaccinazione non è sufficiente per compensare i difetti della prima fase di vaccinazioni e per assicurare l’inafferrabile immunità di gregge, dovremmo allora sperare in una tripla (o addirittura quadrupla) strategia di vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia per vedere se possono funzionare riguardo all’immunità di gregge?
O dovremmo invece riesaminare il concetto stesso di immunità di gregge?


PRESUPPOSTO DIFETTOSO

La teoria dell’immunità di gregge è basata sul presupposto difettoso secondo cui la vaccinazione provocherebbe nell’individuo uno stato equivalente all’immunità effettiva, intesa come resistenza per tutta la vita alle infezioni reiterate dei virus. 
Come ogni teoria basata su informazioni imprecise che danno origine quindi a risultati altrettanto inesatti, le aspettative della teoria sull’immunità di gregge sono destinate a fallire nel mondo reale.
Alcune informazioni rilevanti riguardo all’immunità anti-virale possono essere ricavate da esperimenti nella ricerca sugli animali. 
Ochsenbein et al. (2000) hanno condotto un esperimento sui topi [7] dove mettevano a confronto gli effetti ottenuti iniettando in essi due preparati del virus della stomatite vescicolare. 
Hanno immunizzato i topi sia mediante il virus vivo e non modificato sia mediante il virus reso inattivo tramite raggi ultravioletti e quindi incapace di riprodursi. 
Hanno poi testato la capacità del siero proveniente dai due gruppi di animali immunizzati di neutralizzare il virus (per esempio di rendere il virus incapace di infettare le cellule) nel corso dei 300 giorni successivi all’immunizzazione.
L’iniezione del preparato costituito dal virus vivo ha indotto la capacità duratura del siero di neutralizzare il virus, capacità che è persistita per l’intera durata dello studio senza manifestare un declino evidente.
Al contrario, tanto per cominciare l’iniezione del preparato contenente il virus morto ha generato livelli molto più bassi di titoli anticorpali del siero neutralizzante del virus. Successivamente, i titoli anticorpali del siero neutralizzante del virus raggiungevano un picco 20 giorni dopo l’immunizzazione e cominciavano a declinare rapidamente. 
Verso la
fine dello studio, addirittura sono andati sotto il livello rilevabile dal test di neutralizzazione.
La conclusione di quest’esperimento è stata che qualsiasi procedura che attenua o rende inattivo il virus diminuisce anche la sua capacità di indurre titoli anticorpali di siero neutralizzante del virus che durino a lungo dopo l’immunizzazione degli animali.
Si deve notare che i vaccini contro le malattie virali infantili sono preparati allo stesso modo, prima isolando il virus spontaneo proveniente da una persona malata, poi attenuandolo artificialmente o rendendolo inattivo per creare un virus di ceppo vaccinale. 
L’attenuare o il rendere inattivo un virus spontaneo per farlo diventare un virus di ceppo vaccinale ha lo scopo di ridurre la possibilità che questo determini dei sintomi infettivi, nonostante questo succeda lo stesso in alcuni casi.
Il processo di attenuazione, mentre da un lato rende il virus di ceppo vaccinale più “sicuro” rispetto all’originale virus spontaneo, per quanto riguarda l’induzione dei sintomi della malattia infettiva ha un impatto sulla durata della protezione basata sul vaccino.



La soglia di protezione per quanto riguarda i titoli anticorpali di siero neutralizzante il virus del morbillo negli umani può essere ricavata dal Boston University Measles Study [8] di Chen et al. Uno studio successivo [9] di LeBaron et al. calcola inoltre quanto tempo ci vuole, dopo la ricezione del secondo richiamo di vaccino morbillo-parotite-rosolia,
affinché i titoli anticorpali di siero neutralizzante il virus del morbillo scendano sotto la soglia di protezione. 
Esaminiamo ora questi due importanti studi l’uno accanto all’altro.



LO STUDIO DELL’UNIVERSITÀ DI BOSTON SULL’EPIDEMIA DI MORBILLO

Nel 1990, fu fatta una raccolta di sangue tra gli studenti dell’Università di Boston un mese prima che il campus fosse colpito da un’epidemia di morbillo. 
A causa di queste circostanze naturali, i ricercatori ebbero accesso a campioni di sangue di molti studenti che o contrassero il morbillo o furono risparmiati dalla malattia durante l’epidemia. I titoli anticorpali di siero neutralizzante il virus del morbillo furono misurati un mese prima e due mesi dopo l’esposizione. I titoli anticorpali pre-esposizione (dovuti alla precedente vaccinazione di questi studenti durante la loro infanzia) poterono essere messi in correlazione con il grado della loro protezione dal morbillo in quel momento: (1) nessuna
infezione o malattia rilevabile; (2) un’infezione da virus del morbillo sierologicamente confermata con un decorso clinico della malattia modificato; (3) morbillo clinicamente conclamato. 
Ad ogni modo, sette degli otto studenti che contrassero il morbillo clinicamente conclamato
 erano stati vaccinati durante l’infanzia, alcuni di loro erano stati vaccinati due volte.
Il risultato dello studio condotto dall’Università di Boston sull’epidemia di morbillo è stato il seguente:
(a) In tutti gli studenti precedentemente vaccinati che avevano contratto il morbillo clinicamente conclamato, i titoli anticorpali neutralizzanti il morbillo precedentemente all’esposizione erano inferiori a 120.
(b) Il 70% degli studenti i cui titoli anticorpali pre-esposizione erano compresi tra 120 e 1052 finì per avere un’infezione da morbillo sierologicamente confermata, ma siccome i loro sintomi alterati non erano conformi alla definizione clinica del morbillo, furono catalogati
come “non-casi” durante l’epidemia.
(c) Studenti con titoli anticorpali pre-esposizione oltre 1052 furono per la maggior parte protetti sia dalla tipica malattia clinica sia dall’infezione del virus del morbillo.




OSSERVAZIONI SUCCESSIVE SUL VACCINO CONTRO IL MORBILLO

L’altro studio da parte di LeBaron et al. (2007), cercava di determinare la durata dei titoli anticorpali di siero neutralizzante il virus del morbillo dopo la ricezione del secondo richiamo del vaccino contro morbillo, parotite e rosolia. Lo studio ha coinvolto diverse centinaia di bambini sani originari del Caucaso e provenienti da aree rurali degli Stati Uniti libere da epidemie di morbillo per tutta la durata dello studio.
Lo studio ha rilevato che circa un quarto di questi bambini produsse titoli anticorpali di siero relativamente alti in risposta alla vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia. I restanti risposero in maniera modesta al richiamo, ma alcuni risposero in maniera molto scarsa. Nonostante questo particolare studio non potesse paragonare i titoli anticorpali neutralizzanti il morbillo tra individui vaccinati e individui naturalmente immuni, lo studio precedentemente condotto da Itoh et al. (2002) aveva dimostrato che i titoli anticorpali neutralizzanti il morbillo indotti dalla vaccinazione sono 9 volte inferiori rispetto a quelli indotti dall’infezione naturale[10]. 
Pertanto, persino quegli individui che hanno risposto relativamente bene al vaccino contro il morbillo non raggiungono i livelli di titoli anticorpali neutralizzanti il morbillo ottenuti dopo l’infezione naturale.
I titoli anticorpali di siero in tutti i bambini vaccinati, indipendentemente dal fatto che fossero relativamente alti, moderati o bassi, raggiungevano il picco massimo nel mese successivo dopo il richiamo del vaccino contro morbillo, parotite e rosolia, poi scendevano nel giro di sei
mesi al livello pre-richiamo e continuavano a declinare gradualmente nei successivi 5-10 anni di osservazione. 
Soltanto circa un quarto di bambini (detti “high-responders”*) è stato in grado di mantenere i titoli anticorpali di siero oltre le 1000 unità per i 10 anni successivi al secondo richiamo di vaccino contro morbillo, parotite e rosolia ricevuto all’età di 5 anni.
Questa percentuale di bambini sarà probabilmente protetta dall’infezione del virus del morbillo nel momento in cui saranno adolescenti.
In coloro che hanno risposto al vaccino in maniera meno efficiente (il 5% in fondo alla classifica), i titoli anticorpali di siero sono scesi sotto le 120 unità nei successivi 5-10 anni dopo il secondo richiamo del vaccino contro morbillo, parotite e rosolia. Si prevede che questa percentuale di bambini vaccinati contrarrà il morbillo clinicamente conclamato nel momento in cui saranno esposti a questa malattia in età più adulta. Questo è il motivo per cui persone vaccinate una volta e persino due volte compaiono come casi di quella malattia in una percentuale pari o addirittura maggiore rispetto agli individui non vaccinati in comunità aventi una copertura vaccinale molto alta (> 95%).
La rapida perdita della protezione vaccinale negli individui “low-responder”* è il motivo che determina il paradosso di una “malattia prevenibile tramite i vaccini” divenuta poi la malattia degli individui vaccinati.
Questi casi di malattia non sono collegati a un fallimento del vaccino in età infantile a causa dell’interferenza degli anticorpi materni, sono fallimenti del vaccino previsti a causa del declino della protezione vaccinale.
Nella maggior parte dei bambini vaccinati contro morbillo, parotite e rosolia, i titoli anticorpali neutralizzanti il morbillo scendono tra 120 e 1000 al momento in cui raggiungono l’adolescenza. 
Questi bambini possono contrarre il virus del morbillo nel momento in cui vi si espongono ed essere potenzialmente contagiosi durante un’epidemia, nonostante possano essere soggetti a un decorso clinico modificato della malattia e non essere identificati come casi di morbillo per gli scopi dello studio.
Infatti, durante l’epidemia di morbillo all’Università di Boston, molti studenti i cui titoli anticorpali pre-esposizione erano tra 120 e 1052 e che erano ufficialmente catalogati come non-casi, ebbero alcuni dei sintomi virali simil-influenzali della malattia, che includevano eccessiva secrezione di muco nasale, tosse, fotofobia*, mal di testa, febbre e diarrea.
Questi non-casi che manifestavano in verità alcuni sintomi della malattia finirono per avere un’alta quantità di titoli anticorpali di siero contro il morbillo dopo l’esposizione, come succedeva per i tipici casi della malattia, il che è indice di riproduzione, e quindi di trasmissione*.




L’ELEVATO ADEGUAMENTO AI PROGRAMMI VACCINALI NON PRODUCE COME RISULTATO L’IMMUNITÀ DI GREGGE

I casi di nuova importazione del morbillo negli Stati Uniti dopo che il virus endemico era già stato eradicato hanno prodotto epidemie di piccola entità o poco durature nell’ultimo decennio, e questo è in parte dovuto all’attenzione delle autorità sanitarie pubbliche nell’implementazione della quarantena. Tuttavia, nel 2011 un’epidemia di morbillo importata
in Québec, Canada, e descritta da de Serres et al. sembrò essere profeticamente diversa [11]. 
Non furono adottate misure rigide di quarantena, probabilmente per la convinzione che la regione fosse già sufficientemente sotto l’effetto dell’immunità di gregge grazie a un eccezionalmente alto e uniforme adeguamento al programma di vaccinazione contro il morbillo (95-97%). Le conseguenze derivate dall’aver fatto affidamento sulla non-esistente immunità di gregge invece che sulla quarantena per frenare l’epidemia importata dalla malattia furono rivelatrici.

Importata da un insegnante di scuola superiore durante un viaggio all’estero nelle vacanze pasquali (lui stesso si era vaccinato contro il morbillo durante l’infanzia), l’epidemia si allargò rapidamente coinvolgendo più di 600 persone (compresi 21 bambini) e durò sei mesi.
Quasi la metà dei casi di morbillo in quest’epidemia era costituita da individui vaccinati due volte. 
L’alto contributo ai casi di malattia dato dagli individui vaccinati due volte fu rivelato soltanto da una ricerca attiva condotta da de Serres et al. 
D’altro canto, il monitoraggio passivo aveva prodotto un’insufficiente segnalazione dei casi di morbillo tra coloro che erano stati vaccinati due volte, distorcendo così le statistiche
ufficiali. Indicativo di come la protezione vaccinale tenda gradualmente a declinare
fu il fatto che il contributo dei bambini doppiamente vaccinati ai casi di morbillo aumentava con l’età. I bambini doppiamente vaccinati costituivano solo il 4,1% del gruppo dai 5 ai 9 anni, ma il 18% dei bambini dai 10 ai 14 anni e il 22% dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni. Lo studio non ha valutato quanti individui precedentemente vaccinati hanno finito con il contrarre il virus manifestando soltanto alcuni sintomi della malattia e per questo non sono stati contati tra i casi effettivi di morbillo per gli scopi dello studio, ciononostante essi stavano comunque diffondendo il virus nella comunità.


GLI INDIVIDUI VACCINATI POSSONO TRASMETTERE IL VIRUS DEL MORBILLO

L’establishment medico dà per scontato che i bambini vaccinati, se vengono contagiati dal virus o se addirittura sviluppano la malattia conclamata (il cosiddetto “breakthrough”* che si verifica in soggetti vaccinati), non possono trasmettere la malattia agli altri. 
Molti citano come prova di questa convinzione un articolo pubblicato nel prestigioso «Journal of American Medical Association» (JAMA) nel 1973 [12].
Infatti, il titolo di quest’articolo è “Incapacità dei bambini vaccinati di trasmettere il morbillo”. Tuttavia, un attento esame del progetto su cui si basa l’articolo dimostra che lo studio non ha affrontato correttamente la questione che avrebbe dovuto affrontare, cioè se i bambini vaccinati che hanno contratto il virus durante l’epidemia hanno o non hanno trasmesso il virus agli altri che erano ancora vulnerabili al virus.
I risultati dello studio del «Journal of American Medical Association » mostrano che durante un’epidemia di morbillo in una comunità dell’Iowa negli anni Settanta, in cui sono stati coinvolti sia bambini vaccinati sia non vaccinati, era improbabile che i bambini vaccinati
non malati trasmettessero il morbillo ai loro fratelli più giovani e in età pre-scolastica, molti dei quali potrebbero essere stati vaccinati di recente e per questo non sarebbero stati comunque vulnerabili al virus del morbillo durante quella particolare epidemia. Lo stato vaccinale di quei fratelli più giovani non fu determinato (o svelato) dallo studio.

Curiosamente, i dati dello studio mostrano che anche i bambini non vaccinati e non malati non sono in grado di trasmettere il morbillo (che ovviamente non hanno contratto durante quella particolare epidemia) ai loro fratelli più giovani e in età pre-scolastica il cui stato vaccinale non è stato svelato. 
Questo rende chiaro come lo stato vaccinale non sia un fattore predittivo di trasmissione del virus.
Uno studio recente, basato sull’epidemia di morbillo del 2011 a New York, ha dimostrato chiaramente che un adulto vaccinato due volte può trasmettere il morbillo ad altri individui vaccinati due volte [13].


TIRANDO LE SOMME

Ricordiamoci che l’obiettivo pubblicizzato di stabilire l’immunità di gregge attraverso un alto grado di adeguamento al programma di vaccinazione è quello di estinguere rapidamente qualsiasi epidemia di malattie infantili innocue, di modo che la popolazione vulnerabile ma non idonea alla vaccinazione (per esempio i bambini o gli individui che assumono farmaci immunosoppressori) possa evitare di contrarre la malattia che risulta pericolosa solo alla loro età o a causa dello stato del loro sistema immunitario. Per evitare un’epidemia, una percentuale della popolazione che va dal 70 al 95% – secondo alcune stime teoriche molto generiche – dev’essere davvero immune, cioè resistente all’infezione virale, e non soltanto protetta dallo sviluppare l’intera gamma di sintomi che si adattano alla definizione clinicamente accettata della malattia. 
Tuttavia, l’adeguamento totale al programma di vaccinazione può nella migliore delle ipotesi rendere solo un quarto della popolazione resistente all’infezione virale per più di dieci anni. Questo rende evidente che un’immunità di gregge stabile non può essere ottenuta nel
 ungo termine attraverso la vaccinazione infantile, qualsiasi sia il grado di adeguamento al programma di vaccinazione.


LA RIVACCINAZIONE È LA SOLUZIONE NEI CONFRONTI DEL DECLINO DELLA PROTEZIONE VACCINALE CONTRO IL MORBILLO?

Variazioni tipiche nel pool genico* (per esempio il profilo immunogenico personale) influenzano il modo più o meno efficiente con cui il vaccino viene processato e presentato al sistema immunitario per la produzione di anticorpi. Questo potrebbe essere il motivo per cui solo una parte dei bambini sani risponde in maniera positiva alla vaccinazione (cioè genera e mantiene titoli anticorpali neutralizzanti il morbillo relativamente alti per molti anni), mentre altri bambini sani rispondono  invece in maniera scarsa alla vaccinazione. La rivaccinazione di coloro il cui profilo immunogenico personale non favorisce un’elevata produzione di anticorpi in risposta al vaccino contro il morbillo potrebbe correggere il loro intrinsecamente basso livello di reattività alla vaccinazione?

La ricerca che testimonia la futilità di tale impresa si può ricavare dalle osservazioni riassunte dal dottor Gregory Poland [14]: 
«Negli studi sul morbillo, gli anticorpi post-immunizzazione contro il morbillo collocati nel livello “basso-positivo” non proteggevano contro il morbillo clinicamente conclamato quando i soggetti erano esposti al virus spontaneo, mentre gli anticorpi collocati nel livello alto erano protettivi. Inoltre, gli individui “non-responder”* alla singola dose di vaccino contro il morbillo che hanno dimostrato una risposta anticorpale solo dopo una seconda immunizzazione, avevano una possibilità sei volte superiore di contrarre il morbillo dopo l’esposizione al virus spontaneo rispetto agli individui “responder” a una singola dose di vaccino.
Altri studi hanno esaminato gli individui che hanno reagito in maniera scarsa alla prima vaccinazione, i cosiddetti “poor responder”, i quali sono stati re-immunizzati e hanno sviluppato una risposta anticorpale scarsa o di basso livello per poi perdere ogni tipo di anticorpo rilevabile e contrarre il morbillo 2-5 anni più tardi in seguito ad esposizione».
La risposta è chiara: coloro che manifestano una scarsa risposta al vaccino del morbillo rimangono tali anche dopo le successive vaccinazioni e non possono venire in soccorso dell’immunità di gregge. 
Avendo questi dati, perché l’establishment medico insiste nell’affermare che l’immunità di gregge basata sul vaccino è addirittura possibile, se solo si implementassero delle misure vaccinali più rigide o più frequenti?


Perché, in difesa di un’idea irraggiungibile, i pediatri tradizionali e le autorità sanitarie pubbliche continuano ad assillare quelle famiglie che scelgono di proteggere i loro bambini dai potenziali danni dei vaccini o di garantire la salute dei loro bambini attraverso delle strategie naturali e indipendenti dai vaccini?


L’AZZARDO CONTROPRODUCENTE DELLA SANITÀ PUBBLICA

La convinzione della medicina tradizionale secondo cui un bambino non vaccinato mette in pericolo la società dato che non contribuisce all’immunità di gregge è irragionevole, dal momento che vaccinare ogni singolo bambino secondo il programma richiesto non permette comunque di mantenere tale desiderata immunità. 
È tempo di mettere da parte l’intolleranza nei confronti di coloro che cercano l’esenzione dalla vaccina-zione per i loro bambini. 
Invece, dovremmo porre la nostra attenzione sui risultati che derivano dalle campagne di vaccinazione di massa. 
La vaccinazione di massa dei bambini inizialmente raggiunge rapidi risultati nella riduzione delle malattie attraverso la tentata eradicazione del virus, soltanto perché si aggancia alla maggior parte degli adulti permanentemente immuni che hanno raggiunto la loro immunità naturalmente nel periodo pre-vaccinazione. 
Tuttavia, il problema è che la percentuale di giovani adulti vaccinati ma non immuni sta crescendo, mentre la percentuale della popolazione immune più anziana sta diminuendo a causa dell’età. 
Così, nel corso del tempo, la vaccinazione di massa ci fa perdere piuttosto che guadagnare l’immunità cumulativa nella popolazione adulta. In questa fase, la battaglia per controllare le epidemie importate diventerà una strada tutta in salita a prescindere dal livello di adeguamento al programma di vaccinazione, e già l’esperienza del morbillo in Québec del 2011 è stata un’avvisaglia delle epidemie senza controllo che verranno.

La vaccinazione di massa pone fine alle epidemie di malattie endemiche eliminando la diffusione del virus nella comunità invece di indurre l’immunità permanente negli individui vaccinati. 
Tuttavia, nonostante l’incidenza delle malattie virali si sia ridotta in molti Paesi, queste non sono ancora state completamente eradicate da tutto il mondo. 
L’eliminazione in una specifica regione dell’esposizione virale nel momento in cui il virus è presente globalmente non è quasi più una buona notizia.
La vaccinazione di massa infantile prolungata è una misura di controllo delle malattie che, col tempo, renderà l’intera popolazione adulta (ma soprattutto i bambini) sempre più indifesa contro il virus, che non è stato completamente eradicato e che può facilmente essere re-importato.
Perché le autorità sanitarie pubbliche hanno deciso di porre tutti i loro sforzi nell’azzardo controproducente dell’eradicazione non uniforme del virus?
Forse un po’ in ritardo, arriva il riconoscimento teorico del disastro nella salute pubblica a cui stiamo andando incontro [15]:
«Per malattie infettive dove l’immunizzazione può offrire una protezione che dura tutta la vita, una varietà di esempi possono essere utilizzati per spiegare l’utilità della vaccinazione come metodo di controllo. 
Tuttavia, per molte malattie, l’immunità declina nel corso del tempo […]. Qui mostriamo come la vaccinazione può avere una serie di conseguenze inaspettate. 
Prevediamo che, dopo un lungo periodo senza malattie, l’introduzione di un’infezione porterà a epidemie più ampie di quelle predette dai modelli standard. Questi risultati comportano delle chiare implicazioni per il successo nel lungo termine di qualsiasi campagna vaccinale e sottolineano il bisogno di una comprensione solida e affidabile dei meccanismi immunologici dell’immunità e della vaccinazione».
È tempo di svegliarsi e rendersi conto della realtà delle politiche di vaccinazione della nostra sanità pubblica e delle loro implicazioni a lungo termine.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] Fine, P.E.M., Herd immunity: history, theory, practice, in «Epid. Rev.», vol. 15, 1993, pp. 265-302.
[2] Hedrich, A.W., Monthly estimates of the child population susceptible to measles, 1900-1931, Baltimore, MD, in «Am. J. Epidemiol.», vol. 17, 1933, pp. 613-636.
[3] Hedrich, A.W., The corrected average attack rate from measles among city children, in «Am. J. Epidemiol.», vol. 11, 1930, pp. 576-600.
[4] Sencer, D.J., Dull, H.B., Langmuir, A.D., Epidemiologic basis for eradication of measles in 1967, in «Public Health Rep.», vol. 82, 1967, pp. 253-256.
[5] Klock, L.E., Rachelefsky, G.S., Failure of rubella herd immunity during an epidemic, in «N. Engl. J. Med.», vol. 288, 1973, pp. 69-72.
[6] Poland, G.A., Jacobson, R.M., Failure to reach the goal of measles elimination.
Apparent paradox of measles infections in immunized persons, in «Arch. Intern. Med.», vol. 154, 1994, pp. 1815-1820.
[7] Ochsenbein, A.F. et al., Protective long-term antibody memory by antigen-driven and T help-dependent differentiation of long-lived memory B cells to short-lived plasma cells independent of secondary lymphoid organs, in «Proc. Natl. Acad. Sci. USA», vol. 97, 2000, pp. 13263-13268.
[8] Chen, R.T. et al., Measles antibody: reevaluation of protective titers, in «J. Infect. Dis.» vol. 162, 1990, pp. 1036-1042.
[9] LeBaron, C.W. et al., Persistence of measles antibodies after 2 doses of measles vaccine in a post-elimination environment, in «Arch. Pediatr. Adolesc. Med.», vol. 161, 2007, pp. 294-301.
[10] Itoh, M., Okuno, Y., Hotta, H., Comparative analysis of titers of antibody against measles virus in sera of vaccinated and naturally infected Japanese individuals of different age groups, in «J. Clin. Microbiol.», vol. 40, 2002, 1733-1738.
[11] De Serres, G. et al., The largest measles epidemic in North America in a decade Quebec, Canada, 2011: Contribution of susceptibility, serendipity and super spreading events on elimination, in «J. Infect. Dis.», vol. 207, 2013, pp. 990-998.
[12] Brandling-Bennet, A.D., Landrigan, P.J., Baker, E.L., Failure of vaccinated children to transmit measles, «JAMA», vol. 224, 1973, pp. 616-618.
[13] Rosen, J.B. et al., Outbreak of measles among persons with prior evidence of immunity, New York City, 2011, in «Clin. Infect. Dis.», vol. 58 (9), 2014, pp. 1205-1210.
[14] Poland, G.A., Variability in immune response to pathogens: using measles vaccine to probe immunogenetic determinants of response, in «Am. J. Hum. Genet.», vol. 62, 1998, pp. 215-220.
[15] Heffernan, J.M., Keeling, M.J., Implication of vaccination and waning immunity,
in «Proc. R. Soc. B.», vol. 276, 2009, pp. 2071-2080.




I Vaccini sono un'Illusione
La vaccinazione compromette il sistema immunitario naturale. Cosa possiamo fare per riconquistare la salute
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VACCINI: CON BEXERO®▼ GSK INSIDIA LA LEADERSHIP DI SANOFI.

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I vaccini stanno diventando il motore dell’industria farmaceutica.
Fare vaccini è diventato conveniente: stiamo assistendo a un grande rilancio della ricerca, un’esplosione di attività promozionali e culturali, accompagnate da una aggregazione, in poche grandissime multinazionali, di buona parte dell’industria vaccinale.
Con il nuovo vaccino contro il meningococco B, (Bexsero®▼), GlaxoSMithKline potrebbe superare il leader del settore, Sanofi.
L’ipotesi è stata avanzata da un’analisi di GlobalData, secondo la quale le vendite del nuovo vaccino arriveranno a 570 milioni di dollari in 10 anni.
Il monovalente Bexsero®▼(4CMenB) e il quadrivalente Menveo (MenACWY) hanno fatto guadagnare all’azienda britannica, nel 2015, rispettivamente 167 e 232 milioni di dollari, fatturati raggiunti anche grazie all’accordo con il governo britannico per far rientrare il vaccino nei programmi nazionali di immunizzazione, con la somministrazione ai bambini di due, quattro e 12-13 mesi.
La domanda delle dosi è stata così alta che all’inizio del 2016 l’azienda inglese si è trovata a corto di scorte1.
GSK, inoltre, lancerà un altro vaccino, il pentavalente MenABCWY (una via di mezzo tra Bexero®▼e Menveo), attualmente in fase II di sperimentazione (ricerca sull’uomo)2, che potrebbe portare a un cambio nei programmi di vaccinazione.
MenABCWY è destinato a crescere fino a 435 milioni di dollari di fatturato entro il 2025. GlobalData sostiene che il candidato potrebbe sostituire i vaccini MenACWY attualmente raccomandati, Menveo di GSK e Menactra di Sanofi Pasteur, facendo sì che il suo successo possa avvenire a spese di Sanofi3.
Nel complesso, il mercato è destinato a crescere dagli 1,1 miliardi di dollari del 2015 a 1,8 miliardi nel 2025, con il prossimo vaccino di GSK e i cambiamenti nazionali nel programma di immunizzazione a guidare l’espansione.
Nel frattempo, però, GSK fa affidamento sui suoi vaccini già in commercio per i guadagni di vendita che compensano perdite di altri settori.
Nel 2015, Bexsero®▼e Menveo, che appartenevano a Novartis (ceduti a GSK tra il 2014 e il 2015), arrivarono complessivamente a 115 milioni di sterline (167 milioni dollari) e 160 milioni di sterline (232 milioni di dollari).
Ma Menactra di Sanofi Pasteur ha sovrastato gli importi nel 2015, con vendite in crescita del 18,2% a 563 milioni di euro (639 milioni di dollari). Per quanto riguarda invece Trumenba di Pfizer, che protegge contro il meningococco B come Bexsero®▼ di GSK, raggiungerà circa i 225 milioni di dollari nelle vendite del 2019, secondo le prime stime.
GSK assicura che entro il 2020 verranno lanciati 40 nuovi farmaci e vaccini, di cui l’80% ha il potenziale di essere “first-in-class” grazie a nuovi meccanismi d’azione.
Le nuove molecole e l’andamento della company sono stati presentati il 3 novembre 2015 a New York agli investitori finanziari di tutto il mondo.
Andrey Witty, Ceo di GSK, ha evidenziato come i nuovi prodotti già contribuiscono e contribuiranno nel prossimi anni a pareggiare (e non solo) le perdite dovute alla scadenza dei brevetti e alla conseguente erosione dei generici.
“I nuovi prodotti – ha precisato Witty – cresceranno molto di più rispetto a quanto perderemo per questo brevetto scaduto”4.
In tutto, GSK ha il potenziale di depositare fino a 20 domande di autorizzazione alle autorità regolatorie prima del 2020. Nel quinquennio 2010-2015 GSK ha ottenuto il numero più alto di approvazioni da parte dell’agenzia americana (FDA), ben 14, superando ogni altra società farmaceutica.
Molteplici le collaborazioni con il mondo accademico e altre company, in tutto oltre 1.500, che producono ogni anno una media di 35 pubblicazioni su giornali ad altissimo impatto scientifico (Cell, Nature, Science). Dal 2014 al 2015, ricercatori GSK sono stati co-autori di oltre 1.600 pubblicazioni.
Le aree strategiche di ricerca e sviluppo GSK sono sei: HIV & malattie infettive, oncologia, immuno-infiammazione, vaccini, respiratorio e malattie rare.
In particolare, la situazione dello sviluppo dei vaccini è stata illustrata da Moncef Slaoui, chairman of Vaccine4.
La società britannica ha la più ampia gamma di vaccini contro la meningite meningococcica approvati e candidati. Questo include Menveo (MenACWY) tetravalente, approvato il 64 Paesi, e il vaccino Men B (Bexsero®▼, approvato in Usa ed EU) e di un vaccino pentavalente MenABCWY, che potrebbe diventare l’opzione ottimale per la prevenzione delle malattie ed è attualmente in sviluppo di fase II.
GSK ha due nuovi approcci alla vaccinazione RSV (virus respiratorio sinciziale) in Fase II di sviluppo clinico. Nella prevenzione dell’herpes zoster troviamo Shingrix (zoster).
In conclusione, come ha sottolineato Witty: “Oggi abbiamo profilato circa 40 potenziali nuovi farmaci e vaccini innovativi, che sosterranno la futura crescita del nostro business nei farmaci e nei vaccini. Il livello di innovazione in questo portfolio è sostanziale: lo consideriamo un fattore critico nell’attuale scenario in cui i decisori devono trovare un bilanciamento tra la pressione sui prezzi e la domanda. Questo livello di innovazione ci rende fiduciosi nella possibilità di generare un significativo valore per gli azionisti insieme a benefici allargati per pazienti e consumatori”4.
Fare vaccini è diventato conveniente: stiamo assistendo a un grande rilancio della ricerca, un’esplosione di attività promozionali e culturali, accompagnate da una aggregazione, in poche grandissime multinazionali, di buona parte dell’industria vaccinale.
In effetti, da quando si è passati dai 3 vaccini degli anni ’80 (antipolio, antidif-tetanica) ai 15 odierni (aggiungendo quelli contro epatite B, pertosse, emofilob Hib, meningococco B e C, pneumococco, rotavirus, morbillo, parotite, rosolia, varicella, papilloma virus, influenza…) il “mercato” è cambiato, con guadagni consistenti da parte dei produttori.
Nel sito ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o WHO) ha fatto la comparsa un documento che potete consultare a questo indirizzo:

Global Vaccine Market Features and Trends
Miloud Kaddar Senior Adviser, Health Economist
WHO, IVB, Geneva
http://who.int
Le tabelle con i dati sul fatturato e i suggerimenti su come sviluppare il mercato delle vaccinazioni confermano che la vendita di vaccini è diventata per l’industria una miniera d’oro che deve essere curata e preservata per mezzo di politiche sanitarie che nei vari paesi sostengano, promuovano, ed incentivino le vaccinazioni.
Non si specifica “anche le vaccinazioni inutili”, ma i dati e il testo che li accompagna parlano da sé.
Le prime slide evidenziano l’enorme potenziale di sviluppo che in questi ultimi anni ha contraddistinto le vendite di vaccini nei paesi sviluppati con un incremento del 10-15 % contro una crescita del 5-7% degli altri farmaci.


vaccini-struttura-marketing
SLIDE n. 4

Dal 2000 al 2013 il valore del mercato dei vaccini è quadruplicato: da 5 miliardi di dollari a quasi 24 miliardi di dollari nel 2013.
Tuttavia, il mercato in Occidente è piccolo, come mostrano i grafici, perché i tre quarti della popolazione mondiale risiede nei paesi in via di sviluppo.


vaccini-marketing-organizzazione-mondiale-della-sanità
SLIDE n. 3

E devono essere questi, si sottolinea, il nuovo target dell’industria. Obiettivo per i prossimi anni: raggiungere i 100 miliardi di dollari entro il 2025 grazie ai 120 nuovi prodotti che sono stati programmati e di cui 60 vengono dichiarati rilevanti per i paesi in via di sviluppo. Fattore strategico è il seguente: “Vaccine becoming an engine for the pharmaceutical industry”, i vaccini stanno diventando il motore dell’industria farmaceutica.

vaccini-market-globale
SLIDE n. 6

Sta dunque emergendo, dichiara il documento OMS, un “new business model” per i vaccini. Infatti, “sempre nuovi e sempre più costosi vaccini stanno entrando nel mercato a una velocità ineguagliata rispetto al passato”:
“Newer and more expensive vaccines are coming into the market faster than ever before”.


caratteristiche-principali-marketing-vaccini
SLIDE n. 7

Segue una dettagliata analisi dei maggiori produttori mondiali, del fatturato che essi ottengono da vari vaccini. Da questa apprendiamo che solo nella prima metà del 2012, uno dei vaccini più incredibilmente redditizi è stato quello contro il Papillomavirus (893 milioni di dollari, sommando le vendite delle due case produttrici: la Merck 608 milioni di dollari con il suo Gardasil e la GlaxoSMithKline 285 milioni di dollari con il Cervarix).


vendite-totali-prima-metà-2012
SLIDE n. 12

E veniamo alla fatidica domanda posta dalla SLIDE n. 14:


vaccini-market-fattori-di-crescita
SLIDE n. 14

ma quali sono i fattori di crescita dei vaccini? (Vaccine market: growth factors?)
Risposta: una combinazione di fattori, il primo dei quali è “l’importanza di malattie infettive e di nuove minacce” (importance of communicable diseases and new threats).
In due tabelle precedenti, infatti


vaccini-top-produzione-2010
SLIDE n. 11 e 12

erano evidenziati in rosso i ricavi ottenuti grazie ai vaccini anti-influenzali: accanto ad 1,2 miliardi di dollari della Sanofi per H1N1 ed influenza stagionale, vi sono i 441 milioni di dollari della Novartis sempre contro l’influenza suina (da cui originò la bufala della pandemia influenzale che causò una grave perdita di credibilità della stessa OMS, per i conflitti di interessi non dichiarati degli esperti che indussero l’organizzazione a lanciare l’allarme pandemico).
Altro fattore chiave è ovviamente, precisa sempre il documento, una domanda in crescita, un nuovo target tra la popolazione, e naturalmente i paesi emergenti.
Ecco perché sono schematizzate le direttive su come impostare la strategia di accordi commerciali con i governi, con i produttori locali, su come creare una domanda tanto nel settore pubblico che nel privato.
I produttori locali (local manufacturers), in particolare, vanno tenuti sott’occhio, perché si stanno accaparrando fette importanti di mercato a prezzi più bassi. Pertanto la dicitura “accordi con i produttori locali”, non lascia molto spazio alla fantasia quanto ai contenuti.
E’ facile da intuire cosa s’intenda: ci si mette d’accordo sul livello dei prezzi e ci si spartisce la torta tra buoni amici nei mercati emergenti. In seguito agli interventi messi in campo dall’UNICEF e dalla PAHO (Pan American Health Organization), il mercato dei vaccini ha avuto una “spectacular increase” negli ultimi dieci anni diventando una priorità “nazionale, globale e regionale”.
Tutto questo, evidenzia la SLIDE n.24,

programma-unicef
SLIDE n.24

grazie ad un incremento dimensionale delle campagne sull’opinione pubblica, all’introduzione di nuovi vaccini, all’incentivazione della copertura vaccinale di routine, e ad un incremento dei prezzi.
Dopo avere esaminato nel dettaglio il contributo dato dalle campagne e dall’attività delle due organizzazioni internazionali alla crescita dei fatturati dell’industria dei vaccini, vengono riassunti ancora una volta i fattori strategici che comunemente l’analisi economica prende in esame: domanda, offerta e risorse finanziarie. Sul lato della domanda leggiamo come imperativi: “vaccini e vaccinazioni, in cima all’agenda dei governi”; alla voce “finanziamenti” (Funding) leggiamo come prima direttiva: “risorse governative” (GoV resources SLIDE n. 33).


nuova-moda
SLIDE n. 33

Voglio spingere l’obiettività fino ad affermare che il documento è riflesso di un’onestà brutale, ma sempre di onestà. In Italia i comitati di affari sulla salute pubblica pullulano, ma mai nessuno avrebbe reso pubblico un documento del genere. Segno da un lato che il principio della trasparenza ancora regge da qualche parte nel mondo, ma segno anche del fatto che ragionare di necessità di incrementare a più non posso le vaccinazioni per ragioni economiche è considerato dai manager dell’industria farmaceutica un obiettivo più che legittimo, degno di difesa e tale, sembrerebbe di capire, da non dover suscitare alcuna indignazione, ma solo entusiasmo per i risultati più che brillanti conseguiti nell’ultimo decennio.
Invece l’indignazione sorge, e tanto più forte pensando a tutte le accuse che in questi anni hanno investito chi sosteneva che alla base di campagne vaccinatrici condotte in modo illogico e irrazionale non ci potesse essere se non una precisa strategia economica dell’industria farmaceutica5.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sotto gli occhi del mondo, rende pubblico un documento di tal genere in quanto legittimo dal punto di vista esclusivo dell’industria. Ma può dichiararsi onesto ed in buona fede chi afferma che articoli medici e scientifici finanziati dalle grandi case farmaceutiche non risentirebbero neppure in minima parte di ciò che manager ed analisti economici vanno raccomandando ai consigli di amministrazione delle industrie del farmaco, e cioè di sviluppare la vendita di vaccini?
Si può in tutta buona fede affermare che mai nulla di quelle raccomandazioni contribuisca, ad esempio, a far trascegliere ai ricercatori i dati più favorevoli ai vaccini, piuttosto che quelli meno favorevoli quando si parli di reazioni avverse, di collegamento tra iper-vaccinazione e malattie auto-immuni, o di tossicità degli adiuvanti vaccinali (come ad es. i Sali di alluminio)?
Con il vaccino contro la varicella, la Merck guadagna 392 milioni di dollari (= 350 milioni di euro). Per avere un ordine di grandezza: si tratta di una cifra superiore a quella che l’intera manovra finanziaria italiana 2014-15 ha devoluto al settore ricerca e sviluppo (circa 300 milioni).
E ancora: viene rilasciato con il logo dell’OMS un documento che senza mezzi termini afferma la necessità di fare spendere ai governi dei paesi in via di sviluppo miliardi di dollari in vaccini quando una delle priorità per quelle aree del mondo è investire in qualcosa che per la salute è ben più vitale come alimentazione adeguata, istruzione, migliori condizioni igienico-sanitarie negli ambienti di vita e di lavoro, accesso a strutture ospedaliere efficienti, disponibilità di acqua potabile, senza i quali i vaccini nulla possono per migliorare le aspettative di vita.
Ed anche nei paesi sviluppati, chiediamo, quante risorse utilmente incanalabili verso un miglioramento delle prestazioni del sistema sanitario possono venire disperse grazie alla rampante politica di espansione economica dei manager dei vaccini?

Dal 2012 in Italia, quando i vari governi hanno imposto tagli alla sanità, le manovre ammontavano a circa 2 miliardi di euro al colpo. Sempre per avere un ordine di grandezza: con un solo vaccino anti-papillomavirus, dall’efficacia non dimostrata, Glaxo e la Merck hanno guadagnato in soli 6 mesi circa ¼ dei tagli alla spesa sanitaria italiana programmati per il 2012; sempre con il vaccino anti-papillomavirus nel 2010 la sola Merck ha introitato oltre 1 miliardo di dollari e la Sanofi altrettanto con il vaccino anti-influenzale. Cioè, dalle vendite di soli 2 vaccini si è ricavata una cifra circa pari alla manovra finanziaria su tutta la sanità italiana di cui si è discusso in questi mesi (2,6 miliardi di euro).
E normale che l’industria farmaceutica guadagni vendendo i propri prodotti, come qualsiasi azienda. Quello che non è accettabile è l’intervento diretto o indiretto nelle politiche sanitarie dei governi, o l’insistere in spregiudicate tecniche di marketing di vendita della paura allo scopo di incrementare i fatturati. E’ questo aspetto a destare maggiore preoccupazione.
Se lo strapotere economico delle industrie dei vaccini ha per mira dichiarata la propria ulteriore espansione, allora sarebbe doveroso che l’OMS riscrivesse quel documento dal punto di vista dei pazienti (e dei contribuenti), e ponesse in cima alle priorità per i governi non quella di acquistare a tutto spiano i vaccini, ma quella di adottare una politica vaccinale rispondente a buon senso, razionalità e misura, e non ultimo all’indipendenza sia economica che scientifica dai comitati di valutazione e consulenza ricchi (è proprio il termine esatto) di conflitti di interessi con l’industria farmaceutica.
Fonti:
  1. Vaccini: con Bexsero®▼GSK insidia la leadership di Sanofi – Daily Health Industry – Pubblicato il 8 giugno 2016
  2. Come nasce un farmaco – AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco)
  3. Vaccini, GlobalData: il candidato GSK per il meningococco “rivoluzionerà” il mercato – Medical Affair 12 luglio, 2016
  4. GSK presenta la sua ricerca: 40 nuove molecole entro il 2020, 80% first in class – Pharmastar. Il giornale on-line sui farmaci – 04 novembre 2015 di Emilia Vaccaro
  5. IL MERCATO MONDIALE DEI VACCINI – a cura del Dott. Eugenio Serravalle e della Dott.ssa Alessia Zurlini – Assis (associazione di studi e informazione sulla salute) 10 giugno 2015

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venerdì 29 dicembre 2017

La medicina è a un punto di non ritorno. Le parole della Dott.ssa Agneni.

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Da Quotidiano Sanità.

Scritto dalla Dott.ssa Maria Luisa Agneni.

Premetto che non sono né una giurista né una filosofa ma solo un medico, specialista ambulatoriale, che ha avuto a tutt’oggi l’opportunità di trattare dai primi anni ‘80 diverse migliaia di persone e le mie considerazioni sono l’espressione di una attività medica sul campo.
Quello che viene definita Medicina Ippocratica è per me la Medicina con la M maiuscola, proprio quella che negli ultimi anni sta subendo attacchi ed affronti da più parti nel tentativo quasi completamente riuscito di ridurla a tecnica diagnostico- terapeutica.

La medicina non è una scienza ma si avvale delle scienze (fisica,chimica, biologia , matematica) in una complessità di conoscenze a cui dovrebbero concorrere pesantemente la filosofia, l’antropologia, la linguistica , la psicologia e molte altre scienze umane tutte rivolte allo studio dell’essere umano sano e malato.
Uso il condizionale perché attualmente si sta svuotando dell’aspetto umanistico per rinsecchirsi intorno a quello scientifico dove la standardizzazione delle procedure diagnostiche e terapeutiche garantiscono un sapere appiattito al medico e una terapia spersonalizzante al malato.
Il tutto condito con un esasperante utilitarismo dei mezzi e dei fini.

Non entro nel merito della burocratizzazione della medicina, spesso definita dal prof Cavicchi in un termine più ampio “medicina amministrata”, che pure ha molte responsabilità in questo scivolamento verso il definitivo declino della Medicina, ma vorrei sottolineare la crisi culturale complessiva della Medicina che è il segno prevedibile e puntuale di quella sociale diffusa e penetrata in ogni ambito.
Ho esordito affermando di aver “trattato” diverse migliaia di persone perché non so se le ho curate né tantomeno se le ho guarite: c’è una grande differenza.
La Medicina Ippocratica ci ha insegnato ad appassionarci al caso clinico, 2400 anni fa gettava le basi per il metodo di diagnosi e prognosi ancor oggi valido, mettendo sempre al centro non solo la manifestazione locale della malattia ma l’organismo considerato nella sua unità e nel contesto ambientale e di stili di vita.
Uno studioso della Complessità ante litteram Ippocrate che era consapevole di non produrre salute ma di ristabilirla con l’aiuto del malato che a lui si affidava.
In fondo che cosa è la presa in carico del paziente (soprattutto cronico) o il “prendersi cura” che le strutture e i medici che ne fanno parte responsabilmente fanno? E’ un prendersi la responsabilità di qualcuno che dovrebbe fidarsi del nostro operato; attualmente non senza averlo prima informato sui i pro e i contro che purtroppo nessuno è in grado di conoscere completamente essendo ogni caso clinico potenzialmente imprevedibile con variabili sconosciute.


Alcuni invocano l’empatia come strumento del ritorno alla buona relazione medico- paziente, altri come il prof Cavicchi la considerano una esagerazione e quindi parlano più realisticamente di osservatore implicato in ciò che osserva quindi di obiettività consapevole ma soprattutto insiste nel rimarcare la questione della fiducia. Personalmente penso che la relazione con il malato oggi spesso degenera in pretese e difese anche grazie alle sollecitazioni di quegli avvocati che hanno smesso i occuparsi dei “parafanghi” preferendo i più appetibili contenziosi medici.
Ma empatia vuol dire soffrire insieme, mettersi nei panni dell’altro (anche se con un “sano distacco”) e alla fine di una giornata di lavoro il medico sarebbe disintegrato dalla sofferenza! Vorrei dire al dott Benci che il paternalismo che lui considera un rottame di altri tempi e che oggi è stato ribattezzato “prendersi cura” “presa in carico” in realtà è più faticoso di quello che lui immagina. Ma soprattutto ormai è reso quasi impossibile da mille condizionamenti extra-clinici.
Secondo me la vera empatia è il riconoscere quello di cui ha bisogno il paziente: incoraggiamento? Protezione? Essere seguito nell’iter? Contenimento dell’ansia? Autogestione?
Come si può generalizzare un bisogno così peculiare e indicare demagogicamente il consenso informato come mezzo di una relazione fra pari che non c’è per definizione?
Il malato oggi vuole essere libero da sintomi prima possibile, dare un nome alla propria malattia e andare avanti senza farsi tante domande considerando intrusive quelle che il medico potrebbe porgli soprattutto sul suo stile di vita e sul suo sentirsi malato.
Così le malattie si stratificano in numerose comorbidità.
Il risultato è che viviamo a lungo con malattie croniche e invalidanti ma gli anni in buona salute e senza malattie sono sempre meno.
La cultura del tutto e subito, dell’utilitarismo e soprattutto del riduzionismo e del meccanicismo in medicina ha prodotto una pericolosa deriva nei confronti della possibilità di curare le persone: spesso si parla di rimettere al centro la persona, di curare il malato e non la malattia ma sono frasi vuote perché non seguite da alcuna azione riformatrice.
Se la medicina non recupererà la sua connotazione ippocratica , che si esprime peculiarmente nella clinica, ma continuerà a concentrare la sua attenzione al riduzionismo investigativo e terapeutico per includerla erroneamente in un abbraccio mortale fra le scienze esatte, i malati saranno sempre più considerati e trattati come soggetti la cui programmazione genetica è difettosa, i cui organi vanno sostituiti, le cui tappe metaboliche vanno aggiustate e si troveranno sempre di più di fronte a medici che col capo chino scruteranno i loro dati di laboratorio interpretati solo secondo parametri quantitativi, le loro tac, le loro risonanze , ma non alzeranno più lo sguardo per guardare negli occhi il loro interlocutore che soffre.
Tornando alla discussione sull’ippocratismo. Io penso che non saranno i giuristi che risolveranno i problemi della medicina e nemmeno i bioeticisti, ma neanche gli epidemiologi quando si illudono con l’ebm di non sbagliare un colpo, nemmeno i matematici che ricavano gli algoritmi di cura nella medicina di precisione, non saranno neanche coloro che ci parlano astrattamente di relazione, di sobrietà di comunicazione di narrazione. E men che mai saranno gli economisti, gli aziendalisti, che della medicina non sanno niente.


Non saranno costoro anche se ognuno di loro oggi ha la pretesa e la presunzione di dire a noi medici cosa sia la medicina e ognuno di loro ritiene di sapere come dovrebbe essere la medicina, quando un paradigma è finito, e quale paradigma di ricambio. Tutti pretendono di risolvere i nostri problemi ma senza soluzioni cioè senza quelle soluzioni adeguate alla complessità in gioco.
Il cuore epistemologico della medicina ippocratica si chiama clinica e oggi i problemi paradigmatici della medicina riguardanol’epistemologia della clinica. Essi necessitano per essere risolti di un “dipartimento di filosofia medica” per citare il prof Cavicchi (Medicina, in Enciclopedia filosofica vol 7) cioè di tante conoscenze messe insieme e coordinate da un’idea più evoluta di medicina.
Allora dell’articolo del prof Cavicchi vorrei riprendere due suggestioni.
La prima è la necessità di cambiare la definizione convenzionale di medicina. Ha ragione lui la medicina è complessità in massimo grado in quanto tale irriducibile tanto a una scienza che a tante scienze. La medicina è conoscenza di conoscenze quindi non può essere scientista e come tale non può essere definita. Tutte le definizioni di medicina sono scientiste.
La seconda è la prospettiva del neo-ippocratismo cioè un paradigma confermato nei suoi postulati fondamentali ma nello stesso tempo ridefinito nel nostro tempo. Penso in tutta franchezza che questa sia l’unica strada percorribile anche se mi rendo conto guardandomi intorno che in ragione soprattutto di una debolissima leadership intellettuale della professione sia una strada indispensabile ma comunque non facile da percorrere.
Ha ragione il prof Cavicchi oggi la medicina è a un punto di non ritorno e il rischio che tutti i medici sperimentano tutti i giorni sulla loro pelle è quello dell’alienazione intesa nei suoi aspetti di estraneazione, di spossessamento e di smarrimento professionale.
Cari colleghi, alzare lo sguardo per i pazienti corrisponde ad alzare la testa per la nostra dignità, autonomia, responsabilità e storia per difendere e consegnare ai giovani la Medicina neo-ippocratica; io sono pronta a combattere.
Maria Luisa Agneni
Pneumologa Specialista ambulatoriale ASL Roma1

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giovedì 28 dicembre 2017

Vaccini: una sconcertante previsione rivela che un bambino su due nel 2032 sarà autistico per colpa dei vaccini.

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23 DIC 2017 — Vaccini: nel 2032 un bambino su due sarà autistico. Petizione di Change.org

di Jack –

Caos vaccini in Italia. Statistiche sanitarie: in America, nel 1960, vi era un solo caso di autismo su 10.000 e oggi, dopo le vaccinazioni di massa, si è arrivati a 1 su 38. In Italia, invece, c’era solo un caso di autismo su 68, ma con il decreto legislativo del ministro Lorenzin, si passerà a 1 caso su 30. D’Anna denuncia la bastardaggine mediatica nei presupposti di un provvedimento basato su allarmi procurati distorcendo le cause di due morti di bambini.



(UMDI – UNMONDODITALIANI) Continua il caos riguardo i vaccini. Dopo il decreto del Governo, che con 12 (poi 10) vaccini obbligatori, costringerà i genitori a vaccinare i propri figli, prima di essere iscritti a scuola, ancora ci sono delle posizioni discordanti tra chi è a favore e chi è contro i vaccini. Secondo alcuni studiosi, le vaccinazioni sono una delle cause principali dell’autismo, Le cause documentate di autismo comprendono mutazioni genetiche e/o delezioni, infezioni virali e encefaliti in seguito a vaccinazioni.

NEL 2032 UN CASO DI AUTISMO SU DUE
Una petizione di Change.org sottolinea il danno provocato dai vaccini. Sempre nella petizione, sono riportate alcune statistiche sanitarie: nel 1960 in America vi era un solo caso di autismo su 10.000 e oggi, dopo le vaccinazioni di massa, si è arrivati a 1 su 38. In Italia, invece, c’era solo un caso di autismo su 68, ma con il decreto legislativo del ministro Lorenzin, si passerà a 1 caso su 30. Però, il fulcro della petizione è la dichiarazione di Luc Montagnier, medico e biologo francese, premio Nobel per la virologia: “Se continueremo a vaccinare in massa i nostri figli ha dichiarato il noto virologo - fra 15 anni avremo un autistico e uno sano. Uno su 2”.

BASTARDAGGINE MEDIATICA
“In un intervento al parlamento italiano – ha dichiarato Alessio Di Benedetto, sostenitore della petizione - il biologo senatore Vincenzo D’Anna, senza essere pesante né demagogico ci spiega in quali sensi il Decreto perorato dalla Lorenzin si profila come una somministrazione di farmaci dispoticamente illuminati a scopo preventivo tutto da dimostrare. D’Anna denuncia la bastardaggine mediatica nei presupposti di un provvedimento basato su allarmi procurati distorcendo le cause di due morti di bambini, ufficialmente a causa di morbillo, omettendo però che il primo bimbo aveva soprattutto una grave deficienza dell’apparato immunitario, mentre il secondo addirittura la leucemia.
D’Anna dal suo scranno cerca, quindi, di proteggere i bambini italiani che sono forzati ad un cocktail di farmaci non necessari e sicuramente dannosi, ricordando a tutti i saggi e gli illuminati propugnatori dei vaccini senza ‘se’ e senza ‘ma’, che come non esiste scienza senza il dubbio non esiste comunità scientifica italiana senza i fiumi di denaro della Big Pharma. Poi, D’Anna si richiama al microscopio elettronico ‘ca nu sbaglia’, e fa presente di come abbiano rilevato insieme ai suoi colleghi delle diffuse impurità insalubri nei vaccini di massa (tracce di metalli , di plastiche, pezzi di muri, metalli pesanti mortali etc…)”.

IL GOVERNO GENTILONI COME ROBESPIERRE
“D’Anna politologo – continua Alessio Di Benedetto - smaschera poi, con delicatezza tipicamente liberale e cattolica, il giacobinismo intriso di violenza di cui sono pervasi certuni che pensano di essere depositari di un’etica superiore, e che infatti arrivano al dunque proprio come Robespierre, senza dubbi alcuni, a colpi di tagli alla carne viva con mano ferma. Come Robespierre anche il Governo Gentiloni immagina l’uomo nuovo del tutto sanificato per mano pubblica, ghigliottinando il presunto bene dal presunto male come le teste dal collo dell’uomo renitente alla sottomissione
al comitato di Salute pubblica, o un bambino dai suoi genitori naturali riottosi alle scienze infuse dal Ministro Lorenzin e dalla Glaxo”.

NONNO D’ANNA E NONNO GRASSO
“Vi invito – ha concluso Alessio Di Benedetto - ad ascoltare i due interventi segnalandovi infine il personaggio D’Anna che mi è piaciuto di più: nonno D’Anna che si rivolge a nonno Grasso, il presidente del Senato, invocando l’umiltà e l’approfondimento degli interessi venali retrostanti a questa istanza farmaceutica miliardaria che forse, a differenza di tutti i nonni del Senato, potrebbe non avere al primo posto il bene dei propri nipoti”.

LE FETENZIE DENTRO I VACCINI



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