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domenica 9 novembre 2025

🧩 LA GRANDE INDAGINE GLOBALE CHE METTE IN CRISI LE ISTITUZIONI: LO STUDIO COREANO SVELA I RISCHI ONCOLOGICI LEGATI AI VACCINI ANTI-COVID

Indagine globale sui vaccini covid
LO STUDIO COREANO SVELA I RISCHI ONCOLOGICI LEGATI AI
VACCINI ANTI-COVID

di Salvatore Calleri NatMed

ROMA/SEUL – Dopo anni di rassicurazioni da parte delle autorità sanitarie e dei governi, un nuovo studio di coorte su larga scala getta una luce inquietante sulla sicurezza dei vaccini anti-COVID-19. Pubblicata sulla rivista scientifica Biomarker Research, la ricerca coreana dal titolo “Rischi a 1 anno di tumori associati alla vaccinazione anti-COVID-19: un ampio studio di coorte basato sulla popolazione in Corea del Sud” (DOI: 10.1186/s40364-025-00831-w) mette in discussione la narrazione ufficiale e riapre un dibattito che le istituzioni hanno tentato in ogni modo di silenziare.


🧠 UN’ANALISI CHE LE ISTITUZIONI NON VOGLIONO COMMENTARE

La pandemia di COVID-19 è stata seguita da una corsa senza precedenti alla vaccinazione di massa. Le autorità sanitarie globali hanno imposto i nuovi sieri mRNA e a vettore virale come soluzione unica e “sicura”, mentre ogni voce critica veniva bollata come “disinformazione”.

Oggi, lo studio sud-coreano — indipendente e basato su oltre 8 milioni di cittadini — fa crollare molte certezze. I dati mostrano un aumento statisticamente significativo dell’incidenza di vari tipi di tumori entro un anno dalla vaccinazione: tiroide, stomaco, colon, polmone, seno e prostata.

Eppure, il silenzio delle istituzioni è assordante: nessuna conferenza stampa, nessun dibattito aperto, nessuna analisi pubblica dei dati. Le stesse autorità che avevano promesso “monitoraggio e trasparenza” sembrano ora nascondersi dietro il linguaggio tecnico per non rispondere alle vere domande.


🔍 IL METODO CHE SMASCHERA IL SISTEMA

    Il Metodo che Smaschera il Sistema


Lo studio, basato su un design di coorte nazionale, ha confrontato la popolazione vaccinata con quella non vaccinata, seguendone gli esiti sanitari per 12 mesi. È la metodologia più solida in epidemiologia, eppure le istituzioni non ne parlano.

Perché?
Perché dimostra ciò che per anni è stato negato: che la sicurezza a lungo termine di questi prodotti non era mai stata realmente testata, e che i sistemi di farmacovigilanza sono stati costruiti più per proteggere l’immagine politica delle campagne vaccinali che la salute dei cittadini.

I ricercatori coreani hanno avuto accesso a dati che in Occidente sarebbero rimasti inaccessibili — database pubblici, cartelle cliniche e tracciamenti sanitari — strumenti che, se usati in Europa o negli Stati Uniti, avrebbero probabilmente generato risultati simili, ma politicamente ingestibili.


⚠️ LE ISTITUZIONI HANNO NASCOSTO I RISCHI

Per anni, i governi e le autorità sanitarie hanno insistito sul mantra “sicuro ed efficace”, ma senza disporre di studi indipendenti di lungo periodo.
La ricerca coreana è la prima ad analizzare su larga scala l’incidenza di tumori post-vaccinazione, e i risultati non sono rassicuranti.

L’aumento del rischio per alcune neoplasie supera il 30-50% rispetto ai non vaccinati, una cifra enorme se rapportata a milioni di persone.
Non si tratta più di voci “complottiste”: si tratta di dati pubblicati su una rivista scientifica peer-reviewed, con metodologia descritta e replicabile.

Eppure, le istituzioni internazionali — OMS, EMA, CDC — tacciono. Nessuna indagine, nessun allarme, nessun approfondimento.
Un silenzio che somiglia più a una strategia di contenimento del danno d’immagine che a un gesto di prudenza scientifica.


🧾 LA NECESSITÀ DI DATI REALI, NON PROPAGANDA

Durante la pandemia, l’informazione è stata monopolizzata da governi e media mainstream. Chi chiedeva trasparenza sui dati di sicurezza veniva censurato o ridicolizzato. Ora, la Corea del Sud dimostra che un’analisi indipendente è possibile — e che la realtà può essere molto diversa dalla propaganda.

I sistemi sanitari occidentali, pur disponendo di tecnologie avanzate, hanno scelto di non raccogliere o non pubblicare i dati completi sulle diagnosi oncologiche post-vaccino.
Perché?
Perché la trasparenza avrebbe potuto minare la fiducia cieca nella narrativa imposta.

Lo studio coreano rappresenta, dunque, un punto di non ritorno: dimostra che i rischi esistono, e che il “beneficio per la collettività” non può più essere usato come scudo per nascondere effetti collaterali potenzialmente gravi.


🌍 UNA LEZIONE PER LA SANITÀ GLOBALE

Le istituzioni sanitarie internazionali si trovano ora davanti a un bivio:

  • continuare a negare e minimizzare, come già accaduto con i casi di miocarditi, trombosi e neuropatie post-vaccino;

  • oppure ammettere che il monitoraggio della sicurezza è stato gestito con superficialità e conflitti d’interesse.

La pubblicazione su Biomarker Research ha il potere di incrinare la fiducia cieca nei sistemi sanitari centralizzati e nei loro “esperti indipendenti”, spesso legati a case farmaceutiche o fondazioni private.
La vera scienza non ha paura dei dati: solo la politica li teme.


💡 IL DIRITTO DI SAPERE

Questo studio non è la verità assoluta, ma è una prova schiacciante che il dibattito sui vaccini è stato falsato dall’alto.
Le istituzioni che avrebbero dovuto garantire trasparenza e tutela hanno invece imposto il silenzio e costruito una narrazione artificiale.

Ora la verità emerge da Seul, non da Bruxelles, Washington o Roma.
E questa verità impone una domanda a tutti i cittadini:
quanto ancora possiamo fidarci di chi ha anteposto gli interessi geopolitici e industriali alla nostra salute?


👉 La scienza vera non teme le domande. Le istituzioni, sì.
Salvatore Calleri NatMed

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venerdì 7 novembre 2025

IL NEMICO INVISIBILE: LA MIA GUERRA SOLITARIA CONTRO L'ELETTROSMOG CHE UCCIDEVA

siracusa denuncia onde elettromagnetiche salvatore calleri
Nella foto Salvatore Calleri NatMed


Dagli archivi polverosi di medicina estera ai picchi anomali di Siracusa e della Sicilia tutta. Il mio incubo, la mia denuncia, il lieto fine inaspettato.

di Salvatore Calleri NatMed

Era il periodo del COVID. Le strade erano vuote, ma io vedevo la morte. Vedevo persone cadere, colpite da una "influenza" anomala, etichettata e spazzata via dalle statistiche. Ma il mio cervello, il mio corpo, mi urlavano che la causa non era solo nel virus. Lì, nell'aria pesante e invisibile di Siracusa e di tutta la Sicilia, si nascondeva un altro killer, silenzioso, un veleno che si propagava attraverso le frequenze.

Dovevo agire.

Non potevo limitarmi alla mia città. In quei giorni, il mio istinto mi spinse fino a Niscemi. Dovevo confrontarmi con chi la guerra alle onde la combatteva da anni. Andai a parlare con il leader dei No Muos per raccontargli tutto, per mostrare i miei dati e fare le mie rilevazioni sul posto. Usando la mia fidata app, notai che i picchi anomali erano uguali a quelli di Siracusa, un segnale che il problema era sistemico e vasto.

Lì, un ragazzo mi diede una speranza concreta: mi rivelò che a Niscemi stavano per creare un centro di rilevamento proprio per monitorare quella pericolosa antenna americana, il Muos. Fu una conferma che le mie paure non erano deliri, ma realtà tangibili che altri stavano già combattendo.

Il mio arsenale non erano armi, ma la mia ossessione e la mia ricerca. Ogni notte, trasformavo il mio tavolo in un centro di traduzione: oltre 3000 articoli scientifici dalle più disparate ricerche estere, e foto dai miei vecchi "libroni verdi" di medicina, che descrivevano con agghiacciante precisione le patologie scatenate dalle onde elettromagnetiche. Quelle pagine contenevano la verità che le torri di telefonia mobile, erette a 500 metri l'una dall'altra nel 2006 in tutte le città italiane dal governo Renzi, stavano inondando le nostre vite.


La Solitudine della Denuncia

La mia unica sentinella era l'applicazione ElectroSmart, un'ancora di salvezza che, a differenza dei sistemi ufficiali, non mentiva. Quando i miei occhi leggevano quel terribile 84 su una scala di 100, sapevo che eravamo al limite del collasso biologico. E quei picchi anomali, che stranamente non rivelavano il gestore e duravano per minuti, coincidevano con l'esplosione dei casi di "influenza" etichettati frettolosamente come Covid.

Ho iniziato la mia crociata. Le mie continue telefonate ed email al Dott. Sansone dell'ARPA a Palermo sono diventate un monologo ossessivo, un tentativo disperato di far certificare l'evidenza. Gli ho inviato immagini dell'App Electrosmar, la sua risposta... ma quest'App non mostra la rilevazione della parte elettrica.. ed io, no la mostra! Eccola! Le prove che legavano l'elettrosmog a danni genetici e patologie che rischiavano di devastare la popolazione erano inconfutabili. 

Poi venne finalmente il giorno dell'ispezione nella casa dove abitavo.. che poi? Erano tutte le antenne della Sicilia da controllare, non solo quelle vicino casa mia! Ma poi a casa mia? Cosa pensavano che vi fosse un bunker sotterraneo? La rilevazione? Quasi una sceneggiatura cinematografica di basso livello. Il politico Salerno si presentò con i suoi strumenti ufficiali. Le sue misurazioni, i suoi gesti, le sue parole erano poco convincenti, quasi pre-registrate. Diceva che era tutto nella norma, che i miei allarmi erano infondati. Ero disperato, furioso. Sentivo l'ombra dell'archiviazione calare sulla mia denuncia alla Guardia di Finanza.

Il Silenzio Assordante

E poi accadde. Un momento che, se non l'avessi vissuto, non lo crederei.

Il politico Salerno uscì dalla casa dove abitavo. Ricordo il rumore della porta che si chiudeva alle sue spalle. Un istante dopo, nel mio silenzioso monitoraggio, l'indicatore impazzito di ElectroSmart si placò. Le onde elettromagnetiche che mi avevano tenuto prigioniero in un incubo di angoscia, ansia e malesseri fisici, si quietarono. Il rumore invisibile nell'aria svanì. Il mio sistema nervoso si radicò. L'incubo era finito.

Ho sporto la mia denuncia, con la mia catasta di certificazioni e ricerche tradotte, contro l'inquinamento elettromagnetico e quei picchi assassini. Ho fatto tutto quello che potevo.

Avrò salvato migliaia di persone? Non lo so, e poco mi importa. Ma quel che è importante, è che ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità per trasformare la paura in azione. La mia guerra contro l'invisibile è finita in un inatteso lieto fine. E questo, per me, è l'unica vittoria che conta.

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martedì 9 settembre 2025

LA TERAPIA AL PLASMA DEL DOTT. DE DONNO DAVA FASTIDIO (ALLE CASE FARMACEUTICHE)!

la terapia di de donno dava fastidio alle case farmaceutiche
Giuseppe De Donno: il medico che non si è arreso.
La sua eredità vive in chi crede che curare sia un atto d'amore, non un business. Un eroe silenzioso.


Il coraggio di curare: storia di Giuseppe De Donno e la terapia al plasma



✍️ A cura di Salvatore Calleri (NatMed)

Il nome del dott. Giuseppe De Donno rimane scolpito nella memoria di chi non ha dimenticato i giorni più bui della pandemia. Primario di pneumologia all'ospedale Carlo Poma di Mantova, era un medico di trincea, un uomo concreto, capace di parlare con il cuore e con la scienza. Non era una star televisiva, ma un professionista che ha curato, salvato e creduto nel suo lavoro fino all'ultimo respiro.

La terapia al plasma: una soluzione semplice e potente

La sua terapia al plasma iperimmune, portata avanti anche dal dott. Cesare Perotti, direttore del servizio di immunologia al San Matteo di Pavia, era una soluzione semplice, efficace e soprattutto economica. Il protocollo mirava a fornire ai malati una protezione passiva attraverso il plasma dei pazienti guariti, ricco di anticorpi naturali contro il virus. Una pratica medica consolidata da oltre un secolo, ma che fu osteggiata violentemente da chi preferiva parlare di “tachipirina e vigile attesa”, lasciando morire migliaia di persone.

Non si trattava di azzardi: era la storia della medicina applicata con strumenti moderni. Già agli inizi del Novecento, il patologo tedesco Paul Ehrlich aveva usato una tecnica simile per curare la difterite. Eppure, mentre il plasma salvava vite, c’era chi rideva, chi screditava, chi insultava. Virologi e politici, spesso gli stessi che inneggiavano a farmaci costosissimi o a vaccini a tempo di record, fecero muro contro il lavoro di De Donno.

Il dott. Perotti ricorda: “Per me contano i fatti”. E i fatti dimostravano chiaramente che, nei primi pazienti trattati, la mortalità crollava. I risultati erano paragonabili, se non superiori, a quelli di farmaci costosissimi come remdesivir e paxlovid, approvati solo un anno dopo e con restrizioni pesanti. Un dettaglio non da poco: gli anticorpi ottenuti dal plasma restavano efficaci anche contro le varianti, perché prelevati da persone guarite proprio da quei ceppi circolanti.

Non a caso, la stessa EVA (Alleanza europea del sangue) ha inserito la plasmaterapia fra le armi principali per contrastare future pandemie. Un successo scientifico e umano che però bruciava, che infastidiva i paladini delle multinazionali. Perché? Perché il plasma era gratis, non brevettabile e non monetizzabile. Era una terapia del popolo, non un business.

Il mistero della morte di De Donno

È qui che la storia prende una piega drammatica. Il 27 luglio 2021, la notizia sconvolse l'Italia: Giuseppe De Donno era morto, trovato impiccato nella sua casa. La versione ufficiale parlò subito di suicidio. Ma chi lo conosceva non riusciva a crederci.

Attorno a quella morte si è diffusa una foschia di mistero. Possibile che un uomo che aveva fatto della vita e della sua difesa la sua missione, potesse davvero scegliere di togliersela? Chi lo conosceva bene racconta di un medico forte, determinato, profondamente legato alla famiglia e ai suoi pazienti. Non appariva come un professionista stremato né come una persona rassegnata.

Era un uomo tradito? O forse un bersaglio scomodo, colpito perché aveva osato mettere in discussione interessi miliardari? La narrazione ufficiale parla di suicidio, ma per molti resta poco credibile: De Donno teneva alla vita più di chiunque altro, e tutta la sua carriera lo dimostra.

I social esplosero di domande e sospetti, con accuse a Big Pharma, alla censura e alla medicina mainstream. La sua morte divenne il simbolo di un medico epurato perché aveva osato curare gratis, mentre altri spingevano su farmaci costosissimi e vaccini. Un uomo che aveva scelto di stare con i malati, non con i riflettori.

Un'eredità che resiste

Oggi, a distanza di anni, la figura di De Donno non è stata dimenticata. Anzi, la sua memoria brucia più che mai. Non era un ribelle senza causa, né un visionario isolato: era un medico che aveva letto la scienza, applicato la logica e rispettato la vita. E lo aveva fatto in modo semplice, onesto, senza chiedere nulla in cambio.

La terapia al plasma continua a essere studiata, discussa e adottata in diversi contesti. I suoi risultati sono lì, nero su bianco. E la sua eredità resta un monito: curare non significa arricchirsi, ma proteggere l'essere umano. Forse è proprio per questo che Giuseppe De Donno dava fastidio. Perché ricordava a tutti che la medicina è un atto d’amore, non un contratto con Big Pharma.

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