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giovedì 27 settembre 2018

Uso di Diclofenac (Voltaren) e rischi cardiovascolari: serie di studi di coorte a livello nazionale.

Uso di Diclofenac e rischi cardiovascolari: serie di studi di coorte a livello nazionale.



A metterci in luce di questa spiacevole scoperta è uno studio dell'Università di Århus in Danimarca condotto dal Prof. Lars Pedersen

La ricerca ha avuto modo di far notare come il diclofenac, il principio attivo del Voltaren, accrescerebbe rischi cardiovascolari in pazienti che lo assumono, escludendo quanti ne subiscano la somministrazione a livello "topico" con l'ausilio di gel  pomate o creme. 
Lars Pedersen è il medico e professore responsabile che ha attuato lo studio, ed ha avuto come sviluppatore l'intero Dipartimento di Epidemiologia clinica dell'ospedale di Ahrhus. 
L'analisi statistica ha raccolto i dati di milioni di danesi e si è posto l'obiettivo di confrontare i dati di quanti abbiano utilizzato nel corso degli anni farmaci a base del principio attivo diclofenac (come il Voltaren) e come altri anti-infiammatori a carattere non steroideo, come il paracetamolo e la Tachipirina
L'avvio dell'indagine si è posta come paletto quello di prendere in esame soltanto pazienti che inizialmente non soffrissero di alcun tipo di patologie cardiovascolari, renali, ulcere o altri tipi di problemi.
Il Professor Pedersen consiglia alle persone l'assunzione di altri principi attivi come ad esempio il paracetamolo o altri Fans.
Il diclofenac sarebbe stato causa dello sviluppo di patologie cardiovascolari nel 50% in più dei pazienti rispetto al paracetamolo, un dato che non subiva alcun tipo d'influenza in base ai connotati anagrafici o sessuali del paziente. 


Come riportato in The BMJ, copre lo studio che coinvolge un'iniziativa nazionale per la salute della popolazione in Danimarca. Segui il link per saperne di più sui risultati. 

https://www.bmj.com/content/362/bmj.k3426
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Ascorbato di potassio: un aiuto contro le malattie degenerative?


Questa sostanza, associata al ribosio, è la base del trattamento per malattie degenerative e tumori ideato nel 1947 dal dottor Pantellini e oggi applicato dalla Fondazione che porta il suo nome. Cerchiamo di capirne di più.


Fonte: terranuova.it
«L’ascorbato di potassio, anche e soprattutto associato a ribosio, sembra contrastare efficacemente il processo di danno cellulare che favorisce l’insorgenza delle malattie degenerative e del cancro». Il dottor Guido Paoli, fisico e responsabile scientifico della Fondazione Valsé Pantellini, e il dottor Andrea Bolognesi, medico e consulente della Fondazione stessa, fanno il punto sulle proprietà di una sostanza che negli ultimi anni sta iniziando a diventare oggetto d’attenzione anche da parte dei gruppi accademici di ricerca. La Fondazione, che collabora attivamente con ricercatori che hanno lavorato nelle università di Parma e Siena, ha raccolto l’eredità scientifica di Gianfrancesco Valsé Pantellini, chimico cui si deve la scoperta nel 1947 delle proprietà terapeutiche dell’ascorbato di potassio.
«Abbiamo sviluppato linee di ricerca sia in vitro su linee cellulari sane e tumorali(1), che in vivo(2) su bambini affetti da malattie rare e orfane, con aumentato rischio oncologico» spiega Paoli. «I risultati sono davvero incoraggianti e sono stati pubblicati su varie riviste scientifiche internazionali(3); la somministrazione di ascorbato di potassio con ribosio ha migliorato sensibilmente le condizioni generali e obiettive dei bambini. Per esempio, sono stati osservati miglioramenti dell’attività cardiaca, delle caratteristiche dei capelli e della cute e miglior controllo del peso. Ha anche ridotto significativamente i parametri di stress ossidativo, normalmente molto elevati e con un ruolo importante nella cancerogenesi. Da alcuni anni l’attenzione della Fondazione Pantellini sulle ricerche in vitro si è spostata sulla combinazione D-ribosio e bicarbonato di potassio quale ulteriore passo avanti nello sviluppo di una strategia che permetta una rapida azione per contrastare i tumori solidi. Su questo composto sono stati pubblicati due lavori del gruppo dell’università di Parma, con il nostro supporto, sulla rivista Cancer Cell International. Sono state prese in esame linee cellulari del tumore al seno e fibroblasti sani dello stesso seno. La somministrazione del composto non ha messo in evidenza alcuna tossicità e ha ridotto la velocità di crescita e sviluppo delle cellule tumorali. Il composto non è genotossico, cioè non va a creare problemi al DNA, ma agisce a livello metabolico. Nelle cellule sane, che continuano a crescere senza alcun problema, la sua azione va a regolare e modulare le funzioni, mentre in quelle tumorali, che hanno bisogno di utilizzare enormi quantità di glucosio, va a ridurre sempre più la loro riserva energetica, cioè cerca di affamarle».
L’azione anti-cancro
Nell’ipotesi iniziale del dottor Pantellini prima e della Fondazione adesso, la cancerogenesi verrebbe innescata a livello fisiologico dallo squilibrio fra sodio e potassio. «Quindi è comprensibile come un’azione diretta per ribilanciare questi elettroliti possa contrastare il processo degenerativo: la nuova immissione di potassio nella cellula cancerosa fa uscire il sodio, che si porta dietro il glucosio non metabolizzato» spiega ancora Paoli. «Questo non significa necessariamente eliminare ogni fonte di glucosio, ma per chi si trova ad affrontare un problema oncologico è essenziale ridurre le fonti di zucchero, soprattutto raffinato».
Una delle contestazioni che viene mossa al metodo Pantellini riguarda il fatto che una stessa sostanza possa contrastare ogni tipo di tumore. «La nostra idea, invece, è che, pur essendo il cancro una malattia multifattoriale, il meccanismo di innesco sia sempre lo stesso» prosegue il dottor Paoli, «e risieda, appunto, nello squilibrio elettrolitico fra sodio e potassio, innescato dallo stress ossidativo. Per questo è ragionevole l’ipotesi di lavoro, ammessa nella scienza, che una stessa molecola possa agire sulle varie forme di tumore, proprio in considerazione di questo unico meccanismo di innesco della patologia. L’ascorbato di potassio, sia nella formulazione classica che con ribosio, è importantissima anche a livello di prevenzione, proprio per cercare di mantenere le giuste concentrazioni di potassio a livello intracellulare e ottimizzare le funzioni metaboliche. Alle concentrazioni utilizzate sui pazienti che si rivolgono alla Fondazione, non c’è tossicità né a livello cardiaco né renale. Chiunque può assumere il composto, ma devono fare estrema attenzione le persone a rischio di ictus o ischemia (o con episodi recenti), le persone in dialisi e quelle con complesse situazioni cardiache. È sempre opportuno che venga fatta un’adeguata valutazione da parte del medico che deve conoscere bene la metodica; è sempre opportuno evitare il fai da te».
Il metodo Pantellini
La Fondazione sta, quindi, continuando a proporre ai pazienti una metodica terapeutica basata su ascorbato di potassio e ribosio e sugli schemi studiati a suo tempo dal dottor Pantellini. Uno dei consulenti medici di punta dell’ente è il dottor Andrea Bolognesi, che illustra questo approccio. «La metodica Pantellini consiste nell’uso di ascorbato di potassio con o senza ribosio, da somministrare in genere tre volte al giorno nei casi di patologia oncologica conclamata. 
A questa terapia di fondo si aggiungono, in casi particolari, a seconda della gravità e a discrezione del medico, altre sostanze farmacologiche, per via iniettiva o endovenosa, con la funzione di potenziare e rendere maggiormente biodisponibile l’ascorbato stesso. Tali sostanze, prevalentemente vitaminiche, hanno anche una funzione tonica e detossificante, utilissima per gli organismi messi a dura prova dalla malattia e dalle terapie. Durata e frequenza della somministrazione variano notevolmente da caso a caso e seguono in genere l’andamento clinico. Esistono poi situazioni nelle quali la nostra metodica non si può applicare, cioè quando si fa uso giornaliero di chemioterapici per via orale; in tali casi, suggeriamo l’uso di sostanze che hanno una tradizione consolidata».
L’efficacia
«Anche nei casi più gravi e avanzati, ho riscontrato un miglioramento delle condizioni generali, un recupero di energia vitale e una diminuzione del dolore e dei processi infiammatori» spiega il dottor Bolognesi. «Le potenzialità dell’ascorbato di potassio sono molto vaste e poco note. Spesso veniamo a conoscenza di miglioramenti anche in patologie non propriamente di nostra pertinenza, come il diabete, le cefalee, le artriti e l’ipertensione. Riteniamo quindi utile e auspicabile proseguire in questa direzione con ulteriori studi, raffronti e raccolta di casi clinici. Le malattie degenerative e i tumori sono la vera epidemia di questi tempi e le armi che si mostrano efficaci contro di essi vanno sviluppate e utilizzate».
1)In collaborazione con l’università di Parma (prof.sse Ida Ortalli e Simonetta Croci, dott. Luca Bruni)
2)In collaborazione con la prof.ssa Cecilia Anichini, pediatra e genetista dell’università di Siena
3) Si veda: Anichini C. et al., Beckwith-Wiedemann syndrome: potassium ascorbate with ribose therapy in a syndrome with high neoplastic risk in «Anticancer Research», 31, 2011, pag. 3973-3976; Anichini C. et al., Antioxidant effects of potassium ascorbate with ribose therapy in a case of Prader Willi syndrome in «Disease Markers», 33, 2012, pag. 179-183; Anichini C. et al., Antioxidant effects of potassium ascorbate with ribose in Costello syndrome in «Anticancer Research», 33, 2013, pag. 691-696; Anichini C. et al., Antioxidant strategies in genetic syndromes with high neoplastic risk in infant in «Tumori»,100,2014, pag. 590-599; Croci S. et al., Potassium bicarbonate and D-ribose effects on A72 canine and HTB-126 human cancer cell line proliferation in vitro in «Cancer Cell Int», 2011; Bruni L. et al. K-D:rib dampens Hs 578T cancer cell chemoinvasion and proliferation in «Cancer Cell Int», 2014; Bruni L., Croci S., K-D:rib cancer cell proliferation inibitor and DNAzyme folding promoter in «Journal of Biological Research», 2014
CENTENARIO DELLA NASCITA DEL DOTTOR PANTELLINI
Il 2 aprile 2017 ricorreranno 100 anni dalla nascita del dottor Gianfrancesco Valsé Pantellini. La Fondazione che porta il suo nome ne ricorderà la figura e la sua attività di ricerca e di studio in una giornata di testimonianze e contributi di chi lo ha conosciuto direttamente.
Info: www.pantellini.org  .


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La radioterapia per il cancro provoca danni cerebrali, interrompendo il gusto e l'olfatto




Traduzione a cura di Vivereinmodonaturale.com

I medici sanno da tempo che il trattamento con radiazioni per i tumori della testa e del collo possono spesso portare a cambiamenti nell'olfatto o nel gusto di un paziente, ma hanno attribuito questo effetto principalmente alla temporanea distruzione delle papille gustative. Ma secondo uno studio pubblicato sulla rivista Practical Radiation Oncology nel luglio 2013, almeno alcuni degli effetti potrebbero essere dovuti al danno cerebrale indotto dalle radiazioni.



Danno nasofaringeo e ai lobi temporali?


Lo studio è stato condotto su 22 persone sottoposte a trattamenti con radiazioni per una famiglia di tumori cerebrali noti come gliomi. 
Quattordici partecipanti sono stati trattati per glioblastoma, tre per gliomi di grado,3 e cinque per gliomi di basso grado. 

I ricercatori hanno condotto un'analisi dell'istogramma dose-volume per stimare la quantità di radiazioni ricevute da ciascun paziente in diverse regioni della testa, tra cui il talamo, i lobi temporali, il nasofaringe, il solco olfattivo, il polo frontale e la nicchia delle cellule staminali periventricolari. 

Ai partecipanti è stato chiesto di compilare un questionario per valutare eventuali odori o alterazioni del gusto all'inizio dello studio (prima della radiazione), nonché a tre e sei settimane dopo l'inizio della radioterapia.


Venti pazienti hanno presentato questionari utilizzabili; di questi, a metà del disturbo sentito a metà dell'odorato, durante la radioterapia, mentre il 70 per cento ha subito un disturbo al senso del gusto. 
Anche i pazienti che hanno avuto un disturbo del gusto più grave hanno avuto maggiori probabilità di subire gravi problemi di odore. 



I ricercatori hanno scoperto che un'aumentata dose di radiazioni al rinofaringe era associata ad un rischio significativamente maggiore di disturbi del gusto. 
Sebbene non sia tecnicamente parte del cervello, la faringe è un organo all'interno della testa che svolge un ruolo importante sia nella digestione che nella respirazione. 
Il nasofaringe o (rinofaringe) è la parte più alta di questo organo e si trova appena dietro il naso.



I ricercatori hanno inoltre scoperto che, quando i pazienti con tumori dei lobi temporali sperimentavano disturbi del gusto, questi disturbi erano molto più gravi di quelli sperimentati da altri pazienti. Questi disturbi del gusto più gravi potrebbero essere stati causati dal tumore stesso, o come effetto collaterale di una radiazione applicata direttamente al lobo temporale. 



"La tossicità del gusto indotta dalle radiazioni sembra essere più comune nei tumori del lobo temporale e può essere correlata alla dose ricevuta dalla nasofaringe", hanno concluso i ricercatori.



Un problema diffuso


Gli studi hanno dimostrato che quasi l'85 per cento di tutti i pazienti sottoposti a radioterapia alla testa e al collo subiscono una qualche forma di spiacevole cambiamento nel senso del gusto. Questi cambiamenti sono significativamente più comuni nei tumori della testa e del collo rispetto ad altre forme di cancro . 


Le modifiche al gusto e all'olfatto possono manifestarsi come una perdita di sensibilità, una distorsione della percezione (che include l'incapacità di identificare odori / sapori familiari) o persino un'allucinazione (come percepire odori / sapori che non sono effettivamente presenti).



Oltre all'effetto emotivo che questo può avere sui pazienti, può anche portare a cambiamenti pericolosi nei modelli dietetici, poiché i pazienti evitano cibi nutrienti che hanno assunto un odore o un sapore sgradevole. In effetti, uno studio ha rilevato che il 20% della cattiva salute nei pazienti oncologici potrebbe essere attribuito alla malnutrizione, piuttosto che al cancro stesso. 



La prevalenza di questo effetto collaterale rende essenziale che medici e pazienti siano meglio istruiti, secondo uno studio condotto da ricercatori del Wake Forest University Comprehensive Cancer Center e Virginia Tech e pubblicato su The Journal of Supportive Oncology nel 2009.



"Gli oncologi che comprendono i tipi e le cause del gusto e le anormalità olfattive potrebbero essere meglio preparati a discutere ed empatizzare con questi effetti collaterali negativi", hanno scritto i ricercatori. 



Le fonti per questo articolo includono: 




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mercoledì 26 settembre 2018

La papaya ricca di antiossidanti aiuta a ridurre i danni cerebrali causati dall'esposizione di metalli pesanti.



Gli scienziati avvertono che l'avvelenamento da cadmio è un problema di salute globale poco conosciuto , che causa un numero enorme di morti ogni anno e contribuisce a molte malattie, non ultima quella del cancro


Traduzione a cura di Vivereinmodonaturale.com


L'esposizione a lungo termine ai metalli pesanti è stata documentata per aumentare drasticamente il rischio di varie condizioni scheletriche, riproduttive, cardiovascolari e urinarie.
La capacità del cadmio è nota nel danneggiare il cervello aumentando la quantità di stress ossidativo riscontrato nel sistema nervoso. 

I pazienti con tossicità da cadmio hanno una maggiore probabilità di sviluppare malattie neurodegenerative.

Questa è una seria minaccia per la vita umana, ma che può essere prevenuta e persino invertita usando il cibo.

Un recente studio pubblicato sull'European Journal of Medicinal Plants ha concluso che l' estratto di papaya può prevenire danni cerebrali indotti dal cadmio . 

Gli autori dello studio hanno scoperto che la papaya fa questo attraverso tre meccanismi:
  • Riducendo la quantità di malondialdeide (MDA) nel corpo. La MDA è un composto presente in natura che funge da marker per lo stress ossidativo;
  • Aumentando la concentrazione di vari composti legati alla disintossicazione; e
  • Aumentando il numero di antiossidanti nel corpo. Questo serve a rafforzare il sistema immunitario mentre il corpo si sta disintossicando.
Ai fini di questo studio , 30 ratti Wistar maschi sono stati divisi casualmente in sei gruppi di cinque animali ciascuno. Tutti i gruppi sono stati trattati per via intraperitoneale con una dose singola di 3,5 mg / kg di peso corporeo di solfato di cadmio. Due dei sei gruppi sono stati trattati con alte e basse dosi di estratto di papaya a 250 mg / kg e 400 mg / kg di peso corporeo rispettivamente per quattro settimane. 
I gruppi che hanno ricevuto una dose di estratto di papaia hanno mostrato una significativa riduzione del rischio di neurotossicità. 
Si è concluso che la papaya potrebbe essere utilizzata come trattamento alternativo sicuro ed efficace per il danno cerebrale causato dall'esposizione al cadmio.

L'esposizione al cadmio è legata a varie malattie

Anche bassi livelli di esposizione al cadmio possono causare diversi effetti avversi sulla salute . Coloro che sono esposti cronicamente al metallo pesante (compresi i forti fumatori) si trovano ad essere maggiormente a rischio delle seguenti condizioni:
  • Insufficienza respiratoria - La maggior parte degli studi sull'esposizione al cadmio parlano del suo legame con un aumento del rischio di malattia polmonare ostruttiva cronica ed enfisema. Si sospetta inoltre che l'inalazione di cadmio cronico sia una probabile causa di cancro ai polmoni.
  • Problemi cardiovascolari - L'esposizione al cadmio può aumentare la pressione sanguigna sistolica. Le persone regolarmente esposte alla sostanza hanno anche notato un aumento del rischio di trattenere il sodio e l'acqua nei loro corpi.
  • Malattia renale - Il rene è il principale organo bersaglio dell'esposizione cronica al cadmio. Quello che fa paura è che diversi studi hanno dimostrato che possono essere necessari in media 10 anni prima che si verifichi un'insorgenza clinica di danno renale, a seconda dell'intensità dell'esposizione. Tuttavia, piccole quantità di esposizione al cadmio possono apportare modifiche sottili (ma dannose) alla propria funzione renale.
  • Problemi scheletrici - Si ritiene che un'eccessiva esposizione al cadmio sia una causa secondaria di un metabolismo del calcio compromesso, un sintomo del danno renale indotto dal cadmio.
Il cadmio è un metallo pesante ed esiste considerevolmente nell'ambiente. È stato utilizzato nella produzione di batterie più vecchie, come pigmento nella produzione di vernici, nella placcatura elettrolitica e nella produzione di plastica di polivinilcloruro. 
È stato trovato che il cadmio può anche essere trovato in alcuni prodotti alimentari, a causa delle cattive pratiche agricole e dei cattivi metodi di marketing. 



Le fonti includono:





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