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giovedì 25 luglio 2019

Dietro le quinte del simposio giapponese sugli esiti del tragico vaccino HPV

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Se il Giappone può avere un dibattito pubblico e onesto sui vaccini, perché non possiamo avere lo stesso dibattito noi? 


Da Naturalnewsblogs.com 

traduzione a cura di Vivereinmodonaturale.com

Il ministero della salute giapponese ha pianificato una visita a Londra per un certo periodo nell'ottobre 2013 per discutere dei vaccini contro l'HPV con funzionari del Dipartimento della sanità del Regno Unito e dell'Agenzia di regolamentazione per i medicinali e la sanità (MHRA). Questa delegazione voleva anche parlare con esperti scientifici e medici indipendenti dai conflitti di interesse dell'industria farmaceutica.


Tetsuya Miyamoto, direttore dell'Ufficio per le politiche di vaccinazione del Ministero della salute, ha guidato quella missione segreta per ottenere TUTTE le informazioni sul vaccino HPV.

C'erano state molte reazioni avverse al vaccino contro l'HPV molto brutte nelle ragazze giapponesi e il loro governo era determinato a scoprire se il vaccino stava effettivamente danneggiando quelle ragazze.
Il simposio e il dibattito giapponese sono stati organizzati in un arco di tempo molto breve per conto di "The Researchers Organization Sounding a Warning to the Avverse Reactions induced by Human Papillomavirus Vaccines" attraverso gli sforzi collaborativi del Dr. Harumi Sakai, ex professore alla Tokai University School di medicina, Dr. Shohei Matsuzaki, Professore emerito presso la Scuola di Medicina dell'Università di Tokai, Mutsuo Fukushima, Dipartimento Internazionale di Notizie di Kyoto e SaneVax Inc.
Il professor Authier era uno degli esperti medici con cui la delegazione giapponese ha parlato. Di conseguenza ha testimoniato all'audizione pubblica giapponese dell'HPV, all'incontro con i senatori giapponesi e alle conferenze stampa. Quella che segue è la sua conclusione alla fine del suo documento di ricerca sulla testimonianza intitolato "Miofasciite macrofagica Nuove intuizioni sulla sicurezza a lungo termine degli adiuvanti in alluminio" ...
"La neuromigrazione delle particelle di alluminio è un processo attivo"
  • Le particelle di alluminio possono essere trasportate dalle cellule del lignaggio dei monociti verso i linfonodi, il sangue e la milza e, analogamente all'HIV, possono usare meccanismi dipendenti da MCP1 / CCL2 per penetrare nel cervello. Ciò si verifica a un ritmo molto basso in condizioni normali, spiegando una buona tolleranza generale dell'alluminio nonostante il suo forte potenziale neurotossico. Tuttavia, dosi crescenti in continuo di adiuvante alluminio scarsamente biodegradabile nella popolazione possono diventare insidiosamente insicure, specialmente in caso di sovraimmunizzazione
  • o immatura / alterata barriera ematoencefalica
  • o alta produzione costitutiva CCL-2. "
Authier è anche coautore di un documento di ricerca che afferma: "I nanomateriali possono essere trasportati da cellule di lignaggio di monociti a DLN, sangue e milza e, analogamente all'HIV, possono utilizzare meccanismi dipendenti da CCL2 per penetrare nel cervello. Ciò si verifica a un ritmo molto basso in condizioni normali, spiegando una buona tolleranza generale dell'alluminio nonostante il suo forte potenziale neurotossico. Tuttavia, le dosi in continuo aumento di questo adiuvante scarsamente biodegradabile nella popolazione possono diventare insidiosamente insicure, specialmente in caso di iperimmunizzazione o barriera ematoencefalica immatura / alterata o alta produzione costitutiva di CCL-2 "
Riferimenti 

Miofasciite macrofagica Nuove intuizioni sulla sicurezza a lungo termine dei coadiuvanti in alluminio .REF - "Traslocazione lenta dipendente da CCL2 di particelle biopersistenti dal muscolo al cervello" https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=23557144

"Traslocazione lenta dipendente da CCL2 di particelle biopersistenti dal muscolo al cervello" BMC Medicine 201311: 99 https://doi.org/10.1186/1741-7015-11-99 (accesso 16 maggio 2019).


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martedì 4 giugno 2019

Alluminio, Vaccini e Reazioni Autoimmuni

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In questa rassegna di abstracts, vengono descritti gli effetti dei sali di Alluminio impiegati nei vaccini sulla fisiologia. In particolare, vengono descritti: 


1) gli effetti della tossicità non-lineare dell’Alluminio (indipendenti dalla dose);

2) le disfunzioni cognitive con miofascite macrofagica indotte dall’ idrossido di alluminio;

3) la persistenza a lungo termine dell’idrossido di alluminio derivato dal vaccino associata con disfunzione cognitiva cronica;

4) le anomalie metaboliche riscontrate con PET (Tomografia ad Emissione Positronica) in malati di miofascite macrofagica lungamente persistente.



Non-linear dose-response of aluminium (alluminio) hydroxide adjuvant particles

Traduzione del riassunto dell’articolo “Non-linear dose-response of aluminium hydroxide adjuvant particles: Selective low dose neurotoxicity” [“Risposta non lineare al dosaggio delle particelle di adiuvante di idrossido di alluminio: neurotossicità selettiva a bassa dose”], pubblicato su Toxicology 2017 Jan 15;375:48-57, autori Crépeaux G, Eidi H, David MO, Baba-Amer Y, Tzavara E, Giros B, Authier FJ, Exley C, Shaw CA, Cadusseau J, Gherardi RK. Gli autori lavorano per Université Paris Est Créteil , Université Evry Val d’Essonne, altre strutture universitarie, e il centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS). https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27908630
L’ossidrossido di alluminio Aluminium (Al) (Alhydrogel®), il principale adiuvante approvato per l’uso nei vaccini umani e animali, consiste di nanoparticelle primarie che si agglomerano spontaneamente.
Preoccupazioni sulla sua sicurezza sono emerse in seguito al riconoscimento della sua inaspettata bio-persistenza a lungo termine all’interno delle cellule del sistema immunitario in alcuni individui, e rapporti di sindrome da fatica cronica, disfunzione cognitiva, mialgia, disautonomia e problematiche autoimmuni/infiammatorie temporalmente associate a somministrazioni multiple di vaccini contenenti alluminio.
Esperimenti sui topi hanno documentato la sua cattura e il suo lento trasporto da parte di cellule del lignaggio dei monociti dal muscolo in cui viene iniettato agli organi linfoidi ed eventualmente al cervello. Il presente studio mirava a valutare la funzionalità cerebrale dei topi e la concentrazione dell’alluminio 180 giorni dopo l’iniezione di varie dosi di Alhydrogel® (200, 400 e 800μg di alluminio per kg di peso corporeo) nel muscolo tibiale anteriore di topi femmina adulti CD1.
Le prestazioni cognitive e motorie sono state controllate per mezzo di 8 test convalidati, attivazione microgliale per mezzo dell’immunochimica dell’Iba-1, e livello di alluminio per mezzo della spettroscopia di assorbimento atomico con fornace di grafite. È stato osservato uno schema inusuale neuro-tossicologico limitato a basse dosi di Alhydrogel®. Cambiamenti neuro-comportamentali, compresa la diminuzione dei livelli di attività e un comportamento alterato simile all’ansia, sono stati osservati in animali esposti a 200μg Al/kg ma non a 400 e 800μg Al/kg, rispetto ai soggetti del gruppo di controllo.

How Aluminum (Alluminio) Adjuvant Causes Autism

Coerentemente, il numero microgliale appare aumentato nel prosencefalo ventrale del gruppo cui sono stati somministrati 200μg Al/kg. I livelli di alluminio nel cervello sono risultati selettivamente maggiori negli animali esposti alla dose minore, mentre i granulomi muscolari erano completamente scomparsi dopo 6 mesi in questi animali. Abbiamo concluso che Alhydrogel® iniettato a bassa dose nel muscolo del topo può selettivamente indurre accumulazione cerebrale di alluminio a lungo termine ed effetti neurotossici. Per spiegare questo risultato inaspettato, una strada che potrebbe essere esplorata nel futuro è quella della dimensione dell’adiuvante, dal momento che le sospensioni iniettate che corrispondono alle dosi minori, ma non quelle corrispondenti alle dosi maggiori, contenevano esclusivamente piccoli agglomerati nel range delle dimensioni tipiche di un batterio che sono notoriamente quelle che favoriscono la cattura e, presumibilmente, il trasporto da parte di cellule del lignaggio dei monociti.
In ogni caso, l’idea che la neurotossicità dell’Alhydrogel® obbedisca alla regola classica della tossicologia chimica “è la dose che fa il veleno” appare decisamente semplicistico.
Traduzione del riassunto  dell’articolo “Cognitive dysfunction associated with aluminum hydroxide-induced macrophagic myofasciitis: A reappraisal of neuropsychological profile”  

[“Disfunzioni cognitive con miofascite macrofagica indotte dall’ idrossido di alluminio. Una rivalutazione del profilo neuro-psicologico”] pubblicato su Journal of Inorganic Biochemistry 2018 Apr;181:132-138, autori Aoun Sebaiti M, Kauv P, Charles-Nelson A, Van Der Gucht A, Blanc-Durand P, Itti E, Gherardi RK, Bachoud-Levi AC, Authier FJ; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29079320 

articolo completo su 
https://www.researchgate.net/publication/320347951_Cognitive_dysfunction_associated_with_aluminum_hydroxide-induced_macrophagic_myofasciitis_A_reappraisal_of_neuropsychological_profile
I malati di miofascite macrofagica (MMF) si presentano con diffuse artromialgie (1), fatica cronica, e disturbo cognitivo.
Le caratteristiche rappresentative della disfunzione cognitiva associate alla MMF comprendono disturbo dell’attenzione, sindrome disesecutiva (2), deficit di memoria visiva e sordità dall’orecchio sinistro.
Il nostro studio mira a rivalutare il profilo neuro-psicologico della MMF. 105 pazienti consecutivi non selezionati sono stati sottoposti a una batteria di test di memoria a lungo termine e a breve termine, funzionalità esecutiva, capacità di attenzione, funzioni strumentali e ascolto dicotico (3). Da questi risultati, i malati sono stati classificati in quattro differenti gruppi: malati sub-sintomatici (n=41) con risultati sopra il livello patologico (-1,65 SD) in tutti i test; pazienti fronto-subcorticali (n=31) che hanno mostrato risultati patologici nelle funzioni esecutive e nei test di attenzione selettiva; pazienti con la malattia di Papezio (4) (n=24) che hanno mostrato risultati patologici nell’immagazzinamento, nelle funzioni di riconoscimento e consolidamento per la memoria verbale episodica, oltre a disfunzione fronto-subcorticale; e pazienti con estinzione (n=9) che hanno mostrato estinzione del segnale sonoro dell’orecchio sinistro ad un test dicotico di ascolto, in associazione con disfunzione fronto-subcorticale e del circuito di Papezio. Inoltre, l’analisi incrociata dei test ha mostrato che i malati con funzioni cognitive apparentemente normali (gruppo sub-sintomatico) hanno ottenuto risultati significativamente peggiori nei test di attenzione in rapporto ad altri. In conclusione, il nostro studio mostra che:
  • la maggior parte dei pazienti ha specifici deficit cognitivi;
  • tutti i pazienti con deficit cognitivi hanno danneggiamento delle funzioni esecutive e dell’attenzione esecutiva;
  • i malati con deficit cognitivi misurabili mostrano una significativa debolezza nell’attenzione;
  • episodici danneggiamenti della memoria colpiscono la memoria verbale, ma non quella visiva;
  • nessuno dei malati mostra una disfunzione strumentale.
Sintomatologia
  • Dolori agli arti
  • Alterazione delle funzioni esecutive definite nel 1998 da Vicki Anderson come le abilità necessarie per un’attività intenzionale e finalizzata al raggiungimento di obiettivihttp://www.treccani.it/enciclopedia/sindrome-disesecutiva_%28Enciclopedia-della-Scienza-e-della-Tecnica%29/
  • Test nel corso del quale vengono inviati tramite cuffie due messaggi diversi alle due orecchie.
  • Portatori di una disfunzione del circuito limbico mediale detto “Circuito di Papezio“. James Papez propose che tale circuito collegasse l’ipotalamo al lobo limbico.
Traduzione del riassunto dell’articolo “Long-term persistence of vaccine-derived aluminum hydroxide is associated with chronic cognitive dysfunction.” [“La persistenza a lungo termine di idrossido di alluminio derivato dal vaccino è associata con disfunzione cognitiva cronica”], pubblicato su Journal of Inorganic Biochemistry 2009 Nov;103(11):1571-8, autori Couette M, Boisse MF, Maison P, Brugieres P, Cesaro P, Chevalier X, Gherardi RK, Bachoud-Levi AC, Authier FJ; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19748679
La miofascite macrofagica (MMF) è una condizione emergente, caratterizzata da specifiche lesioni del muscolo che indicano una persistenza a lungo termine dell’idrossido di alluminio all’interno dei macrofagi al sito di una precedente vaccinazione.
Le persone che ne sono colpite si lamentano principalmente di artromialgie, fatica cronica, e difficoltà cognitive. Abbiamo progettato un’esauriente di batteria di test neuro-psicologici per cercare di delineare la disfunzione cognitiva associata alla MMF (MACD). Messi a confronto con malati affetti da artrite e dolore cronico, i malati di MMF avevano un pronunciato e specifico danneggiamento cognitivo. La MACD colpiva principalmente
  1. sia la memoria visive che quella verbale;
  2. le funzioni esecutive, inclusa l’attenzione, la memoria lavorativa, e la pianificazione; e
  3. estinzione del segnale sonoro dell’orecchio sinistro al test dicotico di ascolto. I deficit cognitivi non si correlavano con il dolore, la fatica, la depressione o la durata della malattia. I meccanismi patofisiologici sottostanti la MACD devono ancora essere determinati. In conclusione, la persistenza a lungo termine dell’idrossido di alluminio derivato dal vaccino all’interno del corpo che si rileva nella MMF è associata con disfunzione cognitiva, non dovuta solamente a dolore cronico, fatica e depressione.




Biopersistence and brain translocation of aluminum (alluminio)

Traduzione del riassunto dell’articolo “Brain PET metabolic abnormalities in patients with long-lasting macrophagic myofasciitis” [“Anomalie metaboliche riscontrate con PET in malati di miofascite macrofagica lungamente persistente”] pubblicato su Morphologie Volume 100, Issue 330, September 2016, Page 172, autori Axel Van Der Gucht, Medhi Aoun-Sebaiti, Jessie Aouizerate, Eric Guedj, Romain Gherardi, Sabrina Yara, Emmanue lItti, Jerome Authierd; https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S128601151630056X
Retroscena
La miofascite macrofagica (MMF) è caratterizzata da un’anomala persistenza a lungo termine dell’idrossido di alluminio all’interno dei macrofagi al sito di una precedente vaccinazione. I malati si presentano con diffuse artralgie, fatica cronica, e disfunzione cognitiva. Lo scopo di questo studio era quello di determinare le caratteristiche delle anomalie metaboliche riscontrate con PET cerebrale nei malati di miofascite macrofagica indotta dall’adiuvante idrossido di alluminio, e metterle in relazione con la disfunzione cognitiva.
Metodi
(…) Il controllo neuropsicologico ha identificato quattro categorie di pazienti con:
  1. nessun danneggiamento cognitivo significativo (n = 42);
  2. disfunzione sub-corticale frontale (n = 29);
  3. disfunzione del circuito di Papezio (n = 22); e
  4. disconnessione del corpo calloso (n = 7).
Risultati
In raffronto a soggetti sani, l’analisi ANCOVA di tutta la popolazione dei malati di MMF esibiva uno schema di ipometabolismo (p < 0.001) che coinvolge i lobi occipitali, i lobi temporali, il sistema limbico, il cervelletto e la corteccia fronto-parietale. Il sottogruppo di pazienti con disfunzione sub-corticale frontale esibiva una maggiore estensione dell’area coinvolta (35.223 voxel contro 13.680 nel sottogruppo con disfunzione del circuito di Papezio e 5453 voxel nei malati senza danneggiamento cognitivo).
Conclusioni
Il nostro studio identifica un bio-marcatore metabolico del glucosio cerebrale in malati di MMF miofascite macrofagica lungamente persistente indotta da idrossido di alluminio. Lo schema è parso molto marcato nei malati di MMF con disfunzione sub-corticale frontale.
Nota: il voxel è una misura di volume analoga al pixel, laddove il pixel è bidimensionale e il voxel è tridimensionale.
Translation Credits: Professor Corrado Penna
Fonte articolo: Autoimmunityreactions.org


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giovedì 20 settembre 2018

Vaccini e malattie autoimmuni: come l’organismo aggredisce se stesso.

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La letteratura scientifica, sempre citata per difendere i progressi della medicina, attesta però anche alcune altre verità, una delle quali, per esempio, è il legame che corre tra vaccini e malattie autoimmuni. Ci sono infatti studi che attestano come le vaccinazioni possano far sì che l’organismo aggredisca se stesso.



Nessuno potrebbe mai accusare Yehuda Shoenfeld di essere un ciarlatano. 
Il clinico israeliano ha dedicato oltre trent’anni allo studio del sistema immunitario umano ed è all’apice della sua carriera. 
È autore di innumerevoli studi – The Mosaic of Autoimmunity, Autoantibodies, Diagnostic Criteria in Autoimmune Diseases, Infection and Autoimmunity, Cancer and Autoimmunity – alcuni dei quali sono pietre miliari per la pratica clinica. Ed è proprio Shoenfeld a puntare il dito contro i vaccini, come ha ricostruito la giornalista canadese Celeste McGovern. Prendiamo ad esempio l'articolo pubblicato su Pharmacological Research in cui Shoenfeld e colleghi individuano quattro categorie di individui che sono più a rischio di sviluppare malattie autoimmuni a seguito di vaccinazione. «Da una parte, i vaccini prevengono le infezioni che possono scatenare autoimmunità – spiegano Alessandra Soriano, del Dipartimento di Medicina clinica e reumatologia del Campus Bio-Medico dell’università di Roma, Gideon Nesher dell’università di Gerusalemme e lo stesso Shoenfeld – Dall’altra parte, molti studi che riportano autoimmunità post-vaccinale suggeriscono fortemente che i vaccini possano, essi stessi, causare autoimmunità». «Le malattie autoimmuni che possono insorgere dopo vaccinazione includono artrite, lupus, diabete mellito, trombocitopenia, vasculite, dermatomiosite, sindrome di Guillain-Barre syndrome e demielinizzazione. Quasi tutti i tipi di vaccini sono stati associati ad ASIA (Autoimmune/inflammatory Syndrome Induced by Adjuvants, Sindrome autoimmune/infiammatoria indotta da adiuvanti, anche note come sindrome di Shoenfeld, nda)». Il termine ASIA raccoglie sintomi simili e si è iniziato ad indagare come le tossine ambientali, tra cui l’alluminio utilizzato nei vaccini, possano scatenare una reazione a catena nel sistema immunitario negli individui suscettibili portando a malattia autoimmune.

La malattia autoimmune si ha quando il corpo crede di attaccare invasori esterni mentre invece sta attaccando parti di sé. Il sistema immunitario è un sistema di difesa e gli anticorpi sono come droni programmati per riconoscere certi tipi di invasori e distruggerli. Se sbagliano bersaglio possono causare danni enormi. 
Se ad esempio danneggiano la guaina mielinica, gli impulsi nervosi non si trasmettono adeguatamente, i muscoli vanno in spasmo e si perde la coordinazione: questa si chiama sclerosi multipla. 
Se gli anticorpi per errore aggrediscono i tessuti delle articolazioni si può avere l’artrite reumatoide. Se invece il bersaglio diventano le isole di Langerhans nel pancreas, si ha il diabete di tipo 1 e così via.

«Un sistema immunitario sano tollera gli auto-antigeni – spiegano gli esperti – quando questa tolleranza viene disturbata, il sistema immunitario si sregola e si ha l’emergenza dell’autoimmunità. La vaccinazione è una delle condizioni che possono disturbare l’omeostasi negli individui suscettibili dando luogo a fenomeni autoimmuni e ASIA».

Chi sia suscettibile è materia trattata dal documento dal titolo "Predicting post-vaccination autoimmunity: Who might be at risk?", che elenca quattro categorie di persone: chi ha avuto una precedente reazione autoimmune a un vaccino; chi ha una storia clinica di autoimmunità; pazienti con storia di reazioni allergiche; chiunque sia ad alto rischio di sviluppare malattie autoimmuni, inclusi coloro che hanno storia familiare di autoimmunità, presenza di autoanticorpi individuabili con esami del sangue e altri fattori, inclusi bassa vitamina D e fumo.

Reazioni precedenti

Riguardo a chi ha avuto precedenti reazioni ai vaccini, il rapporto cita cinque studi rilevanti incluso il caso di una adolescente morta dopo sei mesi dalla terza dose di Gardasil, il vaccino contro il papillomavirus. Aveva avuto alcuni sintomi dopo la prima dose, come tremori e perdita di memoria. Dopo la seconda dose aveva sviluppato debolezza intermittente al braccio, erano peggiorati altri sintomi, aveva dolore al petto e palpitazioni. Gli esami del sangue e della milza hanno rivelato la presenza di frammenti di Dna del gene HPV-16 L1 sovrapponibile a quello presente nel Gardasil e trattato con alluminio. Malgrado «la limitatezza dei dati», Shoenfeld e colleghi hanno concluso che «pare preferibile che gli individui con precedenti reazioni autoimmuni alle vaccinazioni non siano vaccinati, almeno non con lo stesso tipo di vaccino».

Chi ha già una malattia autoimmune

«I vaccini non funzionano tanto bene su di loro – dice Shoenfeld – e sono a rischio di aggravamento dopo la vaccinazione». I vaccini contenenti virus vivi (varicella, febbre gialla, morbillo, parotite e rosolia) sono «in genere controindicati» per il rischio di «replicazione virale incontrollata». Ma nemmeno i vaccini a virus uccisi sono una buona idea perché solitamente contengono alluminio. Gli immunologi hanno descritto casi in cui pazienti con malattie reumatiche autoimmuni hanno manifestato maggiore dolore articolare e febbre dopo vaccino antinfluenzale, con innalzamento dei livelli di autoanticorpi (il corpo che attacca se stesso). In certi casi hanno sviluppato nuovi tipi di autoanticorpi.

Pazienti con storia di allergia

Gli studi sui vaccini solitamente escludono i soggetti vulnerabili e reclutano solo individui sani senza allergie. È una «distorsione» dicono Shoenfeld e Soriano ed è una delle cause per cui le reazioni avverse sono «considerevolmente sottostimate»; nella «vita reale i vaccini sono obbligatori per tutti gli individui a prescindere dalla loro suscettibilità». L’incidenza di reazioni allergiche ai vaccini è normalmente stimata in 1 caso su 50.000 dosi fino a 1 caso su 1 milione, ma probabilmente la vera incidenza è molto più alta soprattutto quando tra gli ingredienti dei vaccini ci sono gelatina e proteine dell’uovo.

Tra gli ingredienti dei vaccini si individuano potenziali allergenici: proteine dell’uovo, siero di cavallo, lievito, antibiotici, formaldeide e lattosio. Secondo gli immunologi, in caso di manifestazioni di sensibilità all’alluminio, come noduli nel sito dell’iniezione che possono anche persistere per mesi e anni, meglio fare un patch test e, in caso, evitare la rivaccinazione.

L’alluminio

L’alluminio si aggiunge nei vaccini fin dal 1926, quando Alexander Glenny e colleghi notarono che faceva produrre meglio gli anticorpi. Per 60 anni la sua teoria non è mai stata messa in discussione malgrado sia documentata la neurotossicità di questo metallo che può danneggiare la memoria, il controllo psicomotorio, la barriera ematoencefalica, può indurre infiammazione cerebrale, danneggiare la funzione mitocondriale e addirittura avere un ruolo nella formazione delle placche amiloidi che si individuano nei malati di Alzheimer. È coinvolto nella sclerosi laterale amiotrofica e nell’autismo e induce allergie

Una decina di anni fa i ricercatori hanno iniziato a studiare meglio gli effetti dell’alluminio come adiuvante e sono emersi molti problemi connessi con il suo utilizzo.

La miofascite macrofagica

L’alluminio ha dimostrato di avere grande mobilità nell’organismo. Nel 1998 il ricercatore francese Romain Gherardi, insieme ai suoi colleghi, osservò una condizione di origine sconosciuta in un paziente con sintomi di fatica cronica dopo vaccinazione, inclusi linfonodi gonfi, dolori articolari e muscolari e spossatezza. La biopsia ai tessuti del deltoide rivelò una lesione di 1 centimetro di diametro e in laboratorio emerse che si trattava di macrofagi, cioè gli anticorpi dell’organismo stesso. Nel fluido cellulare di questi macrofagi c’erano nanocristalli di alluminio. Altre ricerche hanno rivelato che questi granulomi possono diffondersi ovunque, dai linfonodi alla milza, dal fegato al cervello.

Gherardi ha quindi concluso che c’è neurotossicità anche a lungo termine per l’alluminio

Persone a rischio

Le persone a rischio di sviluppare una malattia autoimmune sono coloro che hanno una storia familiare di autoimmunità e chi è positivo agli autoanticorpi. Anche il fumo è un fattore di rischio, come bassi livelli di vitamina D.

A questo punto, cosa saggia è chiedere sempre il foglietto illustrativo del vaccino o dei vaccini che si dovrebbero ricevere e informarsi bene sui possibili effetti a breve e lungo termine, consultando magari la Banca Dati Med-Line dei Natinal Institutes of Health americani.


Commenti dal sito www.ilcambiamento.it


Letterature consigliate:








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giovedì 8 febbraio 2018

Biopersistenza e traslocazione del cervello di adiuvanti di alluminio dei vaccini

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Traduzione a cura di Vivere in modo naturale

Autori della ricerca: Romain Kroum Gherardi , 1, Housam Eidi , Guillemette Crépeaux , François Jerome Authier , 1 e Josette Cadusseau 1
L'ossidrossido di alluminio (allume) è un composto cristallino ampiamente usato come coadiuvante immunologico dei vaccini
Le preoccupazioni legate all'uso delle particelle di allume sono emerse in seguito al riconoscimento del loro ruolo causativo nella cosiddetta lesione miofascite macrofagica (MMF) rilevata in pazienti con encefalomielite mialgica / sindrome affaticamento cronico. 

L'MMF ha rivelato una biopersistenza inattesa di allume all'interno delle cellule immunitarie in individui presumibilmente suscettibili, sottolineando il precedente malinteso fondamentale della sua biodisposizione. 
In precedenza abbiamo dimostrato che le particelle rivestite di alluminio scarsamente biodegradabili iniettate nei muscoli sono prontamente fagocitate nel muscolo e nei linfonodi drenanti e possono diffondersi all'interno delle cellule fagocitiche in tutto il corpo e lentamente accumularsi nel cervello

Questo suggerisce fortemente che la biopersistenza adiuvante a lungo termine all'interno delle cellule fagocitiche è un prerequisito per la traslocazione del cervello lento e la neurotossicità ritardata. 
La comprensione dei meccanismi di base della biopersistenza delle particelle e della traslocazione del cervello rappresenta un'importante sfida per la salute, poiché potrebbe aiutare a definire i fattori di suscettibilità per sviluppare il danno neurotossico cronico. 

La biopersistenza di allume può essere collegata al suo effetto destabilizzante del lisosoma, che è probabilmente dovuto alla rottura diretta del cristallo delle membrane phagolysosomal. 
I macrofagi che percepiscono continuamente particelle estranee nel loro citosol probabilmente ripeteranno, con efficienza interindividuale variabile, una forma dedicata di autofagia (xenofagia) fino a quando non disporranno di materiali alieni. 

Una compartimentazione riuscita delle particelle all'interno di autofagosomi a doppia membrana e successiva fusione con lisosomi riparati e re-acidificati esporrà l'allume al pH acido lisosomiale, l'unico fattore che può solubilizzare le particelle di allume. 
La traslocazione del cervello di particelle di allume è collegata a un meccanismo di cavallo di Troia precedentemente descritto per particelle infettive (HIV, HCV), che obbedisce a CCL2, segnalando il principale chemoattrattante infiammatorio monocitario.

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sabato 30 dicembre 2017

L'alluminio delle vaccinazioni resta nel corpo, e può fare danni anche dopo dieci anni! Come nel caso della MIOFASCITE MACROFAGICA.

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L'alluminio delle vaccinazioni resta nel corpo, e può fare danni anche dopo dieci anni! Come nel caso della MIOFASCITE MACROFAGICA.



Articolo segnalato dal fisico Corrado Penna.

Traduzione a cura di Vivere in modo naturale 


La miofascite macrofagica è una nuova malattia scoperta negli anni ’90 del secolo scorso. Uno dei primi articoli su di essa Macrophagic myofasciitis: an emerging entity [1] la descrive come una nuova forma di malattia infiammatoria dei muscoli, distinta dalla polimiosite a la polimialgia reumatica.


Nel 2001 un gruppo di ricerca guidato dallo stesso medico, scopre che tale malattia è dovuta alla presenza di alluminio nel muscolo. 

Nel loro articolo Macrophagic myofasciitis lesions assess long-term persistence of vaccine-derived aluminium hydroxide in muscle [2] leggiamo che tale malattia, che si presenta in pazienti con artromialgia diffusa e fatica, è caratterizzata dall’infiltrazione nel muscolo di macrofagi e linfociti. 

Inoltre sono state notate intrusioni all’interno del citoplasma dei macrofagi, di idrossido di alluminio, composto stimolatore del sistema immunitario frequentemente utilizzato come adiuvante nei vaccini

I ricercatori hanno riprodotto la malattia nei ratti somministrando idrossido di alluminio e si sono resi conto che l’iniezione intramuscolo di vaccini contenenti idrossido d’alluminio causano una lunga persistenza di tale sostanza nel corpo del soggetto vaccinato.

A simili risultati è giunta un’altra équipe di ricercatori che ha pubblicato l’articolo Macrophagic myofaciitis a vaccine (alum) autoimmune-related disease [3] nel quale si legge che la persistenza dell’alluminio nei muscoli, che può generare la malattia, dura fino a 10 anni e più.



1) Lancet 1998 Aug 1;352(9125):347-52, autori Gherardi RK, Coquet M, et al.;

Miofascite macrofagica: un'entità emergente.

Groupe d'Etudes et Recherche sur les Maladies Musculaires Acquises et Dysimmunitaires (GERMMAD) de l'Association Française contre les Myopathies (AFM).

Astratto

SFONDO:

METODI:

RISULTATI:

INTERPRETAZIONE:





2) Brain 2001 Sep;124(Pt 9):1821-31, autori Gherardi RK, Coquet M et al.

Le lesioni di miofascite macrofagica valutano la persistenza a lungo termine di idrossido di alluminio derivato da vaccino nel muscolo.





Astratto
La miofascite macrofagica (MMF) è una condizione emergente di causa sconosciuta, rilevata in pazienti con artromialgia diffusa e affaticamento, e caratterizzata da infiltrazione muscolare da parte dell'acido periodico granulare - macrofagi e linfociti reagenti positivi di Schiff. Inclusioni intracitoplasmatiche sono state osservate nei macrofagi di alcuni pazienti. Per valutare il loro significato, la microscopia elettronica è stata eseguita in 40 casi consecutivi e l'analisi chimica è stata eseguita mediante microanalisi e spettrometria di assorbimento atomico. Le inclusioni venivano costantemente rilevate e corrispondevano all'idrossido di alluminio, un composto immunostimolante frequentemente usato come adiuvante del vaccino. Una componente linfocitica è stata costantemente osservata nelle lesioni MMF. I test sierologici erano compatibili con l'esposizione a vaccini contenenti idrossido di alluminio. L'analisi della storia ha rivelato che 50 su 50 pazienti avevano ricevuto vaccini contro il virus dell'epatite B (86%), il virus dell'epatite A (19%) o il tossoide del tetano (58%), 3-96 mesi (36 mesi mediani) prima della biopsia. Le mialgie diffuse erano più frequenti nei pazienti che senza una lesione da MMF alla biopsia muscolare deltoidea (P <0,0001). L'esordio della mialgia era successivo alla vaccinazione (mediana di 11 mesi) nel 94% dei pazienti. La lesione MMF è stata riprodotta sperimentalmente nei ratti. Concludiamo che la lesione MMF è secondaria all'iniezione intramuscolare di vaccini contenenti idrossido di alluminio, mostra sia la persistenza a lungo termine dell'idrossido di alluminio che una continua reazione immunitaria locale, ed è rilevata in pazienti con sintomi sistemici che sono apparsi successivamente alla vaccinazione.

3) Clinical Review in Allergy and Immunology 2011 Oct;41(2):163-8, autori Israeli E, Agmon-Levin N, Blank M, Shoenfeld Y; 

Miofacite macrofagica: una malattia correlata all'autoimmunità del vaccino (allume).


Astratto
La miofascite macrofagica (MMF) è una condizione immuno-mediata riportata per la prima volta nel 1998. L'MMF è caratterizzata da manifestazioni sistemiche post-vaccinazione e da lesioni stereotipate localmente e immunologicamente attive nel sito di inoculazione (muscolo deltoide). I sintomi sistemici di MMF includevano mialgia, artralgia, marcata astenia, debolezza muscolare, stanchezza cronica e febbre. Recentemente, gli studi hanno dimostrato che la lesione locale è dovuta alla persistenza per anni nel sito di iniezione di un adiuvante di alluminio (Al (OH) 3 comunemente usato nei vaccini umani. Il tempo trascorso dall'ultima immunizzazione con un vaccino contenente Al (OH) 3 alla biopsia muscolare varia da 3 mesi a 8 anni; in rari casi, la MMF può essere diagnosticata anche 10 anni dopo la vaccinazione. La discrepanza tra le vaste applicazioni di vaccini contenenti idrossido di alluminio e il numero molto limitato di casi di MMF riportati può essere risolta con osservazioni che suggeriscono che vaccinazioni contenenti alluminio possano scatenare l'MMF in soggetti geneticamente predisposti che trasportano l'HLA-DRB1 * 01. Pertanto, l'MMF può essere definita come una nuova condizione emergente che può essere scatenata dall'esposizione a vaccini contenenti allume, in pazienti con uno specifico background genetico, e questa associazione temporale può essere esposta da pochi mesi fino a 10 anni.


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