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domenica 9 giugno 2019

Patto Trasversale per la Scienza? BOCCIATO.

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Di recente tutte le forze politiche italiane sono state invitate a sottoscrivere un Patto Trasversale per la Scienza, idealizzata come valore universale. Si tratta di una visione della scienza per certi aspetti condivisibile ma ingenua perché gli scienziati, come chiunque, soggiacciono a sollecitazioni sociali, preconcetti culturali e pressioni economiche che ne influenzano il giudizio. Proponiamo un modo diverso di intendere la scienza e la medicina e il loro rapporto con la politica.




La RETE SOSTENIBILITA' e SALUTE lancia un Appello per una scienza al servizio della comunità




1. La scienza è il luogo dell’incertezza, del dubbio, della curiosità e della ricerca
Solo in parte ciò che in passato è stato scientificamente riconosciuto è tuttora valido. Ciò vale per la fisica, la chimica, la biologia, ma ancor più per la medicina, la cui storia è colma di errori e di verità che si sono dimostrate false. La presunzione di conoscere la verità assoluta si addice alle fedi e alle ideologie ma non alla scienza. Il metodo scientifico è il modo migliore fino ad oggi per indagare alcuni aspetti della realtà, ma nei confronti della scienza è bene assumere un atteggiamento di umiltà, di confronto, d’imparzialità e di autonomia, sapendo che l’evoluzione del sapere è la principale garanzia della sua affidabilità. 



2. La conoscenza non si esaurisce con la scienza o con il metodo scientifico
Non tutto ciò che ha valore per la vita è scientifico e sarebbe pericoloso affidare ogni decisione alla scienza, identificata come l’assoluto. Ciò sarebbe la fine della medicina, la cui essenza emerge dall’interazione tra due forme ugualmente importanti di conoscenza: il sapere scientifico, di cui è titolare il professionista sanitario, e il sapere che deriva dalla vita, in cui si combinano esperienze, valori, sentimenti, relazioni di cui solo la persona interessata può disporre. La scienza aiuta il cittadino a valutare le opzioni disponibili e a fare previsioni, ma non deve sostituirsi a lui nelle decisioni, nel rispetto delle norme costituzionali e della dottrina del consenso informato.


3. La medicina è una pratica che si avvale di conoscenze scientifiche, ma non solo
Se in medicina impiegassimo solo ciò che è scientificamente provato, dovremmo abbandonare gran parte di ciò che costituisce la pratica clinica corrente, che solo in proporzione minore si basa su valide prove scientifiche. In medicina non basta applicare le migliori conoscenze scientifiche, occorre essere preparati ad affrontare la quota di incertezza che contraddistingue ogni decisione, riconoscendo i limiti del nostro sapere. Attenersi alle conoscenze scientifiche, quando ci sono, è di certo la cosa più sensata, ma spesso non è sufficiente. La medicina basata sulle prove di efficacia chiede di integrare le conoscenze dedotte dalla ricerca con l’esperienza del clinico e i valori dei pazienti. È poi responsabilità di tutti vigilare sulla diffusione di notizie infondate e di pratiche di non comprovata efficacia e dannose, allo scopo di evitarne l’impiego.


4. L’indipendenza della scienza deve essere difesa dagli interessi del mercato
La maggior parte della ricerca biomedica è finanziata dall’industria del farmaco, dei dispositivi sanitari, delle attrezzature biomedicali ed è considerata un investimento commerciale. La speranza di risolvere i problemi di salute è dunque in larga misura riposta sugli interessi dell’industria. Anche questa è scienza, legittima e a volte di alto livello, ma non sempre: la letteratura scientifica è ricca di esempi eloquenti sui rischi associati al mercato della salute. Gli operatori sanitari devono esserne consapevoli e la politica deve vigilare su questo fenomeno, garantendo che la ricerca, le linee d’indirizzo, le raccomandazioni, le linee guida, la pratica clinica siano indipendenti da interessi commerciali.

5. Cosa chiediamo alla politica
L’indipendenza dei medici e degli altri operatori sanitari è un bene prezioso che la politica deve contribuire a preservare creando un ambiente antidogmatico, favorevole al libero dibattito scientifico, trasparente e il più possibile esente da conflitti d’interessi. Nessun ricercatore e nessun operatore sanitario deve aver timore di esporre i propri convincimenti su temi attinenti alla medicina e alla pratica medica, fermo restando che le pratiche da raccomandare sono quelle che in un contesto scientifico in continuo divenire si avvalgono delle migliori prove di efficacia e sicurezza nel tempo. 
La politica deve assicurare adeguati finanziamenti pubblici per sostenere la ricerca biomedica indipendente da interessi commerciali, basata su priorità dettate dai principali problemi di salute della popolazione, con particolare attenzione alla ricerca comparativa di efficacia, sicurezza e costo-efficacia e alla ricerca sui modi migliori per trasferire nella pratica clinica le tecnologie e le conoscenze e verificare i risultati ottenuti.
La politica ha la responsabilità di favorire la formazione di una cultura della scienza nelle scuole e nelle università, intesa non come dogma, ma come sviluppo di capacità di osservazione critica, ragionamento e corretta interpretazione dei dati, con spirito di umiltà e disponibilità all’ascolto degli altri.
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